Rodi e Kos: italiani complici dei nazisti nello sterminio di 1.750 ebrei

di Redazione Blitz
Pubblicato il 5 Luglio 2014 - 06:31 OLTRE 6 MESI FA
Rodi e Kos: italiani complici dei nazisti nello sterminio di 1.750 ebrei

Rodi e Kos: italiani complici dei nazisti nello sterminio di 1.750 ebrei

RODI E KOS, DODECANNESO, GRECIA – Lo sterminio di 1.750 ebrei deportati dalle isole di Rodi e Kos con la complicità dei fascisti italiani, è una delle tante storie dimenticate della seconda guerra mondiale, vuoti di memoria che hanno contribuito al falso mito degli “Italiani brava gente”.

Antonio Carioti sul Corriere della Sera riassume una ricerca condotta

dall’Archivio di Stato di Rodi, diretto da Irini Toliou, con la collaborazione di Evangelia Xatzaki, di Eleonora Papone e dello storico italiano Marco Clementi, autore di un libro sull’occupazione italiana della Grecia, Camicie nere sull’Acropoli, edito da DeriveApprodi. Attraverso il riordino delle carte appartenute al governatorato italiano negli anni in cui su Rodi sventolava il tricolore, poi incrociate con il fondo dei carabinieri locali, versato di recente, è emerso un carteggio di estremo interesse.

Fu il 23 luglio 1944 il giorno in cui una chiatta con quasi 2.000 ebrei partì dal porto di Rodi con destinazione Auschwitz. Sarebbero arrivati nel campo di concentramento solamente un mese dopo. Ne sarebbero usciti vivi solamente 31 uomini e 120 donne, ma non sarebbero mai più tornati a Rodi, che dopo la guerra sarebbe passata alla Grecia.

La grande isola (100 km da nord a sud) era italiana, come tutto il Dodecanneso, dalla guerra fra Italia e Turchia (per la Libia), del 1911-12. Da tre decenni gli italiani governavano Rodi e Kos, dove c’era una nutrita comunità ebraica, fra i quali moltissimi ebrei italiani.

Ma la Repubblica Sociale Italiana, che dopo l’armistizio del 1943 era rimasta alleata della Germania nazista, non si fece scrupolo di consegnare tutta la popolazione ebraica dell’Isola nelle mani dei tedeschi. Racconta Carioti:

Ci troviamo nella primavera del 1944. Dopo l’armistizio con gli angloamericani firmato dal governo Badoglio nel settembre 1943, i tedeschi hanno assunto il controllo di Rodi. I carabinieri italiani di stanza nell’isola sono stati in buon parte deportati: quelli che hanno accettato di collaborare con gli occupanti sono stati inquadrati nella Guardia nazionale repubblicana (Gnr), un corpo armato della Rsi di Mussolini. Per il momento la numerosa comunità ebraica dell’isola, pur emarginata, non è stata colpita.

Ma il 17 aprile la Gnr chiede al municipio di compilare in duplice copia un elenco di tutti gli ebrei in quel momento domiciliati a Rodi, divisi per gruppi famigliari, nell’ambito dell’annuale controllo delle carte di identità. Sembra un passaggio di routine, ma gli sviluppi saranno tragici.

L’11 maggio il municipio risponde e trasmette la lista, che però oggi nel fondo dei carabinieri e della Gnr non si trova. Tuttavia da quell’archivio emerge un appunto di grande importanza, datato 21 luglio 1944, nel quale si legge che una copia dell’elenco degli israeliti «è stata a suo tempo consegnata alla polizia segreta germanica». Due giorni dopo i tedeschi deportano da Rodi tutti gli ebrei e li avviano ad Auschwitz: si tratta di uno degli ultimi grandi convogli verso lo sterminio. E non sarebbe stato possibile realizzare quell’operazione criminale con altrettanto successo senza il diretto coinvolgimento delle autorità italiane dipendenti dal governo di Salò, che fornirono i nomi delle vittime.

C’è di più. Con alcune ricerche ulteriori, il gruppo che opera all’Archivio di Rodi ha riportato alla luce anche una copia della lista. «L’abbiamo rivenuta tra le carte del governatorato — spiega Clementi — in una scatola relativa all’anno 1945. Non c’è da stupirsene, perché gli errori di archiviazione sono abbastanza comuni. Altri studiosi avevano visto l’elenco, ma, non avendo il carteggio precedente, non potevano coglierne tutte le implicazioni. Comunque sull’autenticità non ci sono dubbi. La lista è dattiloscritta su fogli del municipio ed è datata 18 luglio 1944. Comprende 1661 nominativi di persone abitanti a Rodi: mancano gli israeliti di Kos, che erano circa un centinaio. Parla di “ebrei deportati”, al passato, quindi se ne può dedurre che il trasferimento doveva scattare prima, poi è stato ritardato di alcuni giorni, probabilmente a causa del bombardamenti aerei britannici sull’isola».

Liliana Picciotto, studiosa del Centro di documentazione ebraica contemporanea (Cdec) e autrice di vari saggi sulla Shoah in Italia, sottolinea l’importanza della documentazione rinvenuta a Rodi. «È una prova ulteriore di come gli uffici di polizia italiana abbiano collaborato alla Shoah, fornendo ai tedeschi gli elenchi degli ebrei da deportare preparati sulla base dei censimenti compiuti a norma delle leggi razziali fasciste. Abbiamo molte liste di vittime compilate sulla base di testimonianze dei sopravvissuti: questa si distingue perché precede la retata ed è stata redatta dai persecutori. Bisogna dire che in alcuni casi la polizia italiana o i carabinieri avvertivano gli ebrei della minaccia, in modo che potessero cercare di nascondersi. Ma a Rodi non avvenne nulla di simile. Va notato che la Gnr chiede al municipio anche gli indirizzi degli ebrei, che però nella lista non sono riportati. Infatti non venne compiuta una razzia casa per casa: le persone da deportare furono convocate dai tedeschi e si presentarono spontaneamente, senza sospettare la sorte terribile che le attendeva».

GUARDA IL TRAILER DEL DOCUMENTARIO “IL VIAGGIO PIÙ LUNGO, GLI EBREI DI RODI”, DI RUGGERO GABBAI