Telecom-Fastweb. Ex manager accusa Scaglia: “Lui ha preso le carte false”

Pubblicato il 18 Marzo 2010 - 14:18 OLTRE 6 MESI FA

Silvio Scaglia

In attesa che il Tribunale del riesame si pronunci sulla permanenza in carcere di Silvio Scaglia e altri indagati nell’ambito dell’inchiesta sul riciclaggio che ha coinvolto Telecom ItaliaSparkle e Fastweb, i quotidiani di oggi rivelano che ad accusare Scaglia e l’ex amministratore delegato di Fastweb, Emanuele Angelidis, sarebbe Bruno Zito, ex dirigente della società informatica poi licenziato.

In un interrogatorio dello scorso 27 febbraio, Zito avrebbe dichiarato che la decisione di «prendere le carte false» – ovvero di dare il via all’operazione “phuncards” orchestrata da Carlo Focarelli e Gennaro Mokbel (entrambi coinvolti nell’indagine) – era stata presa da Scaglia e Angelidis. Zito, che nell’interrogatorio ha presentato se stesso come un mero esecutore che riferiva puntualmente ai suoi superiori ma non conosceva l’origine fraudolenta del traffico di inesistenti carte telefoniche con compiacenti società estere, fa risalire al 2001 l’organizzazione del piano da parte di Focarelli, che l’ex manager di Fastweb l’avrebbe conosciuto solo l’anno successivo, dopo aver ricevuto direttive dal suo amministratore delegato. «Non potevo dare ordini a Scaglia. Ogni mese venivo controllato dalla società per quello che facevo. Non ho mai compreso che stessi compiendo attività illecite in Fastweb. Se non avessi raggiunto gli obiettivi che la società fissava, rischiavo il posto di lavoro o comunque il trasferimento in un’altra posizione».

Va rilevato che Zito ha ammesso di aver in seguito fondato assieme a Focarelli e Giuseppe Crudele (un altro ex manager Fastweb poi licenziato per infedeltà) una società attraverso la quale sarebbero transitati 2,3 milioni di euro che Focarelli avrebbe incassato grazie a un conto a sua disposizione a Hong Kong. «Ma non sapevo che si trattasse di soldi riciclati», ha aggiunto Zito.

Nelle prossime ore il Tribunale del riesame dovrebbe esprimersi sulle richieste di scarcerazione avanzate dai legali di alcuni indagati. Oltre a Silvio Scaglia, le richieste riguardano Gennaro Mokbel, la moglie Giorgia Ricci, il cognato Antonio Ricci e Paolo Colosimo, altra figura-chiave dell’indagine, ritenuto responsabile dell’organizzazione che portò all’elezione del senatore Nicola Di Girolamo (dimessosi dalla carica lo scorso 3 marzo e ora a disposizione degli inquirenti) grazie a voti ottenuti con l’aiuto dell’ndrangheta.