Autobus a Roma, quasi nessuno paga, torna il bigliettaio: avanti si può stare meglio

di Bruno Tucci
Pubblicato il 15 Ottobre 2009 - 12:29 OLTRE 6 MESI FA

aldo fabriziSapete che c’è? A Roma, sui mezzi pubblici, si torna all’antico. Un tuffo vero, di oltre 50 anni. O qualcosa di meno. Sale sul tram o sull’autobus il bigliettaio, e cioè il “killer dei portoghesi”.Con lui in vettura, i furbi scompariranno e le percentuali da capogiro che oggi sconvolgono il bilancio delle aziende riavranno un po’ di ossigeno.

L’idea è piaciuta subito a tutti, tranne, naturalmente, a coloro i quali, sei volte su dieci, viaggiavano gratis per andare da una parte all’altra della città. È una figura antica che riappare, per il momento, soltanto a Roma, ma che, probabilmente, se l’esperimento darà i suoi frutti farà proseliti pure nelle altre metropoli del nostro Paese.

Pronostici a parte, mi perdonerete se anche chi scrive compia un salto all’indietro, perché il tranviere che vendeva e controllava i biglietti ha una sua storia che ha avuto anche una consacrazione cinematografica.

Chi ha dimenticato Aldo Fabrizi alzi la mano? Ne vedo ben poche che rispondono all’appello, forse nessuna. Perché Fabrizi è stato un grande comico che ha saputo impersonare personaggi della vita pubblica con un’ironia e un’intelligenza fuori del comune. Fra i tanti “soggetti”, ecco, appunto il bigliettaio in un celebre film che aveva un titolo emblematico: “Avanti, c’è posto”.

Per quale ragione? Quale fu il motivo che spinse il produttore a dare alla pellicola il titolo in questione? Chi ha i capelli bianchi non può averlo scordato. Era infatti questo l’eterno ritornello del bigliettaio. La gente saliva dalla porta posteriore, si accalcava in quei pochi metri quadri, magari parlando di sport o dei problemi di famiglia. Ed in pochi scorrevano per raggiungere l’uscita. Ed allora, ecco il bigliettaio alzare la voce, quasi rimproverare i pigri, A volte, con frasi spiritose, piene di umorismo all’inglese. “Avanti, c’è un prosciutto, Chi arriva prima lo vince”.

Ma il nostro uomo non era soltanto questo: ascoltava i discorsi dei passeggeri, si intrometteva, dava consigli, informazioni preziose a chi doveva raggiungere un quartiere che non conosceva. Però, era anche inflessibile con i portoghesi che, fingendosi distratti, non arrivavano all’appuntamento con il ticket (neologismo che allora nessuno conosceva).

Erano i tempi dell’immediato dopoguerra: tempi duri, giornate difficili in cui molte famiglie non sapevano come mettere insieme il pranzo con la cena. Si usciva dall’ufficio dopo diverse ore di lavoro, magari al cospetto di un capo che non era proprio il massimo della simpatia. E si saliva, spesso di corsa sul tram o sull’autobus, con la mente ingombra di pensieri. Ci si arrivava con lo stipendio alla fine del mese? Chissà? Era più che comprensibile un malumore diffuso.

E Fabrizi, in questo film, si prendeva pure la briga di suggerire una buona parola, carica di ottimismo per aiutare il prossimo. Fantasia? Fiction, come si direbbe oggi? Al cinquanta per cento, perché il rimanente cinquanta per cento rappresentava la realtà.

Quei venti o trenta minuti in tram, in compagnia di un bigliettaio spiritoso e altruista e di tanta gente che dialogava e si sfogava, potevano essere un toccasana per i nervi ed i guai che imperversavano in quegli anni. Ora, ecco il salto in avanti che suona come un flash-back. I problemi sono diversi, ma rimangono tanti. Certo, non sarà il bigliettaio a risolverli.

Però, potrebbe essere un modo per tornare a discutere ed a distrarsi. E, magari, anche ad avere una parola di conforto che non guasta mai. “Avanti, si può star meglio”.