Stato-Mafia, Capitano Ultimo: “Hanno cercato di infangare il nome dei Carabinieri”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 24 Settembre 2021 - 09:17 OLTRE 6 MESI FA
Stato-Mafia, Capitano Ultimo: "Hanno certato di infangare il nome dei Carabinieri"

Stato-Mafia, Capitano Ultimo: “Hanno certato di infangare il nome dei Carabinieri” FOTO ANSA

Sergio De Caprio, il Capitano Ultimo che mise le manette ai polsi di Totò Riina, commenta all’Adnkronos la sentenza del processo d’Appello sulla trattativa Stato-mafia. “Con grande gioia apprendo questa notizia. Il mio pensiero va alle famiglie del generale Antonio Subranni, del generale Mario Mori e del capitano Giuseppe De Donno, a cui esprimo la mia grande vicinanza e con cui condivido il massimo disprezzo per quelli che hanno cercato di infangare l’onore di grandi combattenti della mafia”. “Io e i carabinieri combattenti li onoriamo ora come allora e li portiamo nel cuore”, aggiunge De Caprio.

La Corte d’Assise d’Appello di Palermo ha infatti assolto nel processo sulla trattativa Stato-mafia gli ex ufficiali del Ros Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno e il senatore Marcello Dell’Utri, accusati di minaccia a Corpo politico dello Stato. In primo grado tutti condannati a pene severissime. Dichiarate prescritte le accuse al pentito Giovanni Brusca. Pena ridotta al boss Leoluca Bagarella. Confermata la condanna del capomafia Nino Cinà.

Processo Stato-mafia, assolto Dell’Utri e pena ridotta per Bagarella

Per Bagarella i giudici hanno riqualificato il reato in tentata minaccia a Corpo politico dello Stato, dichiarando le accuse parzialmente prescritte. Ciò ha comportato una lieve riduzione della pena passata da 28 a 27 anni. Confermati i 12 anni a Cinà. Gli ex ufficiali del Ros Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno assolti con la formula perché il “fatto non costituisce reato”, mentre Dell’Utri “per non aver commesso il fatto”. Confermata la prescrizione delle accuse al pentito Giovanni Brusca.

Stato-Mafia, il processo di appello

L’Appello è cominciato il 29 aprile del 2019. Nel corso del processo è uscito di scena, per la prescrizione dei reati, un altro imputato, Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo Vito, che rispondeva di calunnia aggravata all’ex capo della polizia Gianni De Gennaro e concorso in associazione mafiosa. A rappresentare l’accusa in aula sono stati i sostituti procuratori generali Giuseppe Fici e Sergio Barbiera che hanno chiesto la conferma della sentenza di primo grado.