Terremoto Emilia. Inagibile un capannone su 4. 5 mila lavoratori fermi

Pubblicato il 22 Maggio 2012 - 09:30 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Si piangono i morti in Emilia, si iniziano a quantificare gli effetti della devastazione, non ci si rassegna a parlare solo di fatalità, mentre la terra continua a tremare. Tra Mirandola, San Felice sul Panaro e Finale Emilia è inagibile uno stabilimento su quattro. Incredibile, i capannoni più vecchi hanno resistito meglio: quelli più moderni, a campate larghe, non hanno retto. Non erano, comunque, in grado di farlo: prima del 2005 non c’erano l’esigenza di costruire con scrupoli anti-sismici.

Lungo i 30 km di asfalto tra Modena e Ferrara la scena impressionante mostra edifici e capannoni deserti dall’esterno apparentemente intatti, all’interno le rovine, le macerie con i calcinacci che invadono tutto lo spazio. Il fatto è che sono venute giù le coperture, lo sballottamento impresso alle pareti dal sisma è paragonabile al movimento di una lavatrice che strapazza gli edifici, allargando le pareti fino all’implosione finale.

C’è discrepanza sulle prime stime. La Cgil parla di 2mila imprese ferme, ieri in regione, e di oltre 5mila lavoratori rimasti casa. La Confindustria dell’Emilia Romagna stima 200 industrie colpite duramente, sulle 6mila associate a Confindustria, e almeno 2mila dipendenti (sui 300mila rappresentati), che nelle prossime settimane resteranno senza lavoro, per le fabbriche chiuse. Per ora centinaia milioni di euro di danni. Solo tra le imprese più grandi della provincia, Unindustria Ferrara stima 200 milioni di danni, “un dato molto approssimativo, destinato a crescere”.

La proverbiale efficienza emiliana è messa a dura prova, si cerca di rimediare intanto con la solidarietà: le fabbriche rimaste in piedi ospitano i lavoratori che hanno perso la casa. Molti industriali hanno già ascoltato imprese edili per il ripristino delle attività per perdere la gara con i competitors. Solo si preoccupano di se e quando arriveranno i tecnici della Protezione Civile e gli ingegneri del Comune per dare il nullaosta a restauri e riparazioni. Nell’Alto Ferrarese, tra San Carlo, Sant’Agostino, Bondeno e Cento sono centinaia gli artigiani in ginocchio e gli stessi uffici della Cna che procedono alla conta dei danni sono chiusi perché crollati o inagibili.

La politica sembra offrire un supporto reale alle popolazioni e alle imprese. Vasco Errani, presidente della Regione e Antonio Catricalà, sottosegretario di Monti, hanno ascoltato le richieste degli industriali per avviare una ricostruzione rapida e la ripresa della produzione. “Attivazione immediata di strumenti creditizi finalizzati al riavvio dell’attività produttiva e a spese d’emergenza, compresi interventi di garanzia, moratoria su mutui ed elasticità nell’utilizzo degli affidamenti. In secondo luogo vanno sospesi immediatamente tutti gli adempimenti fiscali, tributari e contributivi, a partire dall’ Imu. Terzo, vanno concessi tutti gli ammortizzatori sociali disponibili per il tempo necessario al riavvio delle attività”.