Challenge binari, la gara, la sfida dei binari. Chi sta indagando, cercando di capire perché due ragazzi di 15 anni sono morti finendo sotto le ruote di un treno nella stazioncina di San Pietro Berbenno, non trova altra spiegazione, seppur questa possa essere definita spiegazione. La gara, la sfida: non si trova altro motivo per cui i due ragazzi abbiano deciso di non attraversare usando il sotto passo. Sotto passo che è lì e che le persone usano per attraversare i binari. Ma quei due ragazzi non si sono diretti, non hanno imboccato il sotto passo.
Si sono invece diretti al muretto di cinta che separa la strada dai binari. E l’hanno scavalcato, hanno scelto questa strada per scendere e iniziare ad attraversare i binari. Non l’hanno fatto per far prima o perché non vi fosse altra via, l’hanno fatto, secondo chi cerca il perché della loro morte, per vedere se gli riusciva farlo, se erano così bravi e coraggiosi a farlo. Farlo cosa? Attraversare i binari a piedi, affrontare e vincere la gara del pericolo prima volutamente cercato e poi eluso, sconfitto.Â
Challenge binari: sfida al treno, sfida a se stessi
La sfida era al treno, al rischio, alla probabilità che un treno sopraggiungesse mentre loro attraversavano i binari. Ed era, se l’ipotesi di chi indaga è fondata, sfida a se stessi. Alla sacrosanta paura, alla razionale e doverosa esitazione, alla coscienza delle circostanze reali. Sfida di adolescenti alla vita che tragicamente ha avuto esito di morte: il treno è arrivato mentre loro attraversavano subito dopo essersi calati dal muretto, è arrivato, il macchinista non ha fatto in tempo a frenare, loro sono stati travolti, sono finiti sotto le ruote del treno. La loro corsa, la loro gara, la loro vita è finita lì, a 15 anni , ancor prima del tempo delle sfide vere, delle gare da correre e vincere che la vita prometteva a questi due poveri ragazzi.