Trattati come terroristi, ma i terroristi passano

di Marco Benedetto
Pubblicato il 28 Dicembre 2009 - 12:44| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Le notizie che vengono dagli aeroporti italiani non sono confortanti. Eccitati dalla notizia del mancato attentato sul volo Amsterdam – Chicago, gli addetti alla sicurezza degli aeroporti italiani sono stato travolti dallo zelo, sottoponendo i poveri passeggeri alla tortura di ovviamente inutili quanto umilianti controlli.

Nulla da dire, in ciascuno di noi potrebbe nascondersi un affiliato ad Al Qaeda. Infatti più di un sospetto viene guardando quell’anziana signora, avrà ott’antanni, in pelliccia e orecchini, tipico mascheramento del terrorista, abilmente accentuato dall’andatura un po’ barcollante, con la bomba pronta nell’acqua minerale.

La prudenza non è mai troppa e non è così irragionevole pensare che una centrale terroristica mondiale come Al Qaeda, fallito un colpo, ne tenti un altro quasi agli antipodi.

Avendo visto come si sono mossi e si muovono quelli di Al Qaeda, qualche dubbio che siano loro i mandanti può anche venire, però è anche vero che morire per mano di Al Quaeda o di un pazzo cambia poco. E poi anche a sant’Obama un po’ di allarme fa comodo, come fa comodo ai suoi colleghi santi di Arcore e Vaticano.

Per questo alla fine ci sottoponiamo rassegnati ai controlli, come tanti potenziali malfattori, anche se ci rendiamo conto dell’assurdità della cosa. Perché allora non proibire la circolazione delle auto sulle strade e autostrade, dove, nella sola Italia, ne muoiono ogni anno quanti l’11 settembre. Ma si sa, non conta tanto il fatto in sé, quanto il suo impatto sui giornali e soprattutto alla tv: i morti sono tutti uguali, ma un povero poliziotto travolto da un pirata sulla Pontina vale un titolo in cronaca locale, tre colonne taglio; un suo collega ucciso per sbaglio ma non certo in un’azione di guerra, diventa un eroe nazionale.

Così chi viaggia in aereo deve sottoporsi ai controlli anti terrorismo, svolti da appaltatori di un servizio che le forze dell’ordine, saggiamente, evitano. Saremmo disposti ad accettarli supinamente, se non venisse il dubbio sulla loro futilità rispetto alla inefficienza del sistema di controllo nel suo complesso.

Squadre di giovani perquisiscono professionisti, pensionati, padri e madri di famiglia come all’entrata di un carcere (uno si consola un po’ pensando al contributo dato alla lotta alla disoccupazione da tutto questo ambaradan), guardano con sospetto computer, frutta, generi di conforto. D’ora in poi possiamo scommettere che i preservativi saranno trattati alla stregua dei coltelli.

Poi scopri che gli americani non si sono accorti che il nigeriano con la bomba in mezzo alle gambe era già nelle loro liste e gli hanno dato il visto e lo hanno fatto imbarcare. Figlio di un banchiere importante in Nigeria, c’è da scommettere che sia entrato all’aeroporto dalla corsia riservata ai vip e i controlli non siano stati quelli che uno di noi deve subire ogni volta che parte.

Chi organizza attentati studia tutto nei particolari. Ai tempi dell’11 settembre, gli americani notarono che la scelta della Germania come base di Al Qaeda non era stata casuale: i tedeschi, un po’ complessati dai precedenti, erano di gran lunga i più easy in Europa.

Così è probabile che la scelta della coincidenza nella capitale olandese e del volo per Chicago siano state frutto di lunghe ricerche. Amsterdam, patria della tolleranza, probabilmente non ha barriere all’interno: una volta che sei entrato nel sistema da qualche parte, non ti dicono più niente.

Mi rendo conto che è uno sfogo inutile. Non c’è altra scelta che andare in treno, pensando con un brivido al giorno in cui decidessero di fare controlli anche lì. A quel punto, ci sarebbe solo da restare a casa.