Pd, gazebo o web? non più rosso ma rossetto, sinistra comunista o no? i tormenti di un partito in regressione

Pd, gazebo o web? non più rosso ma rossetto, sinistra comunista o no? i tormenti di un partito al potere e in regressione da 30 anni

di Bruno Tucci
Pubblicato il 8 Gennaio 2023 - 07:59 OLTRE 6 MESI FA
Pd, gazebo o web? non più rosso ma rossetto, sinistra comunista o no? i tormenti di un partito in regressione

Pd, gazebo o web? non più rosso ma rossetto, sinistra comunista o no? i tormenti di un partito in regressione

Pd, quale sarà la sua sorte? È difficile se non impossibile (alcuni parlano di un  mistero) prevederlo. Si discetta e si litiga quasi su tutto.

Più a sinistra o più al centro? È bene allargare il campo ad altre forze o mantenere l’assetto di sempre, quello che vuole la supremazia dei democratici nei confronti di coloro che oggi si professano progressisti? I neofiti lo sono davvero o vanno soltanto a caccia di voti per le prossime elezioni in Lombardia e nel Lazio? Il braccio di ferro continua. Si vorrebbe apparire in altro modo, ma la realtà non si può nascondere.

E a questo proposito i numeri sono impietosi per non dire catastrofici. Prendiamo ad esempio le primarie dove lo scontro è sempre più violento. Chi le vorrebbe organizzare prima, chi dopo. Il problema è un altro, di notevole importanza. Si basa sulle cifre e se si fa un confronto con il passato, c’è da rabbrividire.

Pensate: nel 2007, ai tempi di Veltroni e Rutelli, i partecipanti furono quasi tre milioni e mezzo per scendere nel 2019 alla metà. (un milione e cinquecento mila). E oggi? I sondaggisti parlano di un vero tracollo: sarebbero solo 150 mila i fedelissimi che si recheranno nei gazebo per esprimere la loro preferenza. 

Già, nei gazebo. Qui comincia la discussione (usiamo un eufemismo) nel tentativo di uscire da questo pantano. Elly Schlein sostiene che bisognerebbe scegliere l’online per facilitare il compito di molti.

Ma Stefano Bonaccini non è convinto e si schiera contro. Vale a dire l’attuale presidente dell’Emilia Romagna e la sua vice la pensano in modo diverso perché il primo ritiene che la svolta favorirebbe la sua rivale. Mentre la seconda è convinta che specialmente i giovani, servendosi del computer, potrebbero favorirla.

Si voterà il 26 febbraio? O in data ancora da stabilire? Non si sa ed Enrico Letta, in mezzo a questi due, tre o cinque fuochi, non sa come destreggiarsi. Usa l’arma della diplomazia ma nemmeno questa via riesce a risolvere il dilemma.

A volte sono gli stessi elettori ad ingarbugliare le acque che non hanno la necessità di essere aggrovigliate. L’ipotesi viene lanciata da un gruppo (consistente?) di persone che vanno al seggio. Sono tutti elettori di sesso maschile? Probabilmente si, perché ritengono che le deputate o le senatrici del Pd, una volta vinta la battaglia, non debbano truccarsi. Via il fard, via il rossetto, via ad ogni diavoleria agli occhi. Ai vecchi militanti del Pci come potrebbe apparire una simile ipotesi? Lasciamo la risposta a quanti hanno i capelli bianchi e simpatizzavano con il partito di Togliatti e Berlinguer.

Tra la Schlein e Bonaccini la rivalità è pure sul genere. Le donne o i giovanissimi sono per lei perché rappresenta la svolta, quella di cui ha bisogno il Pd per uscire dalla secca. Gli altri sono a favore del governatore che, con il suo dire, li tranqullizza.

La Schlein è una comunista? Questo interrogativo le è stato rivolto di recente durante una trasmissione in tv. Risposta secca: come potete pensarlo se io sono venuta alla luce nel 1985 quando il Pci era soltanto un ricordo?” Insomma, non c’è pace tra i due che ancora oggi sono entrambi al vertice della loro regione.

Pure se in modo sotterraneo, chi si frega le mani da questa divisione sono gli altri due candidati: Gianni Cuperlo, un sinistra sinistra, e Paola De Micheli, un ex ministro che non vede l’ora di ritornare in auge.

Interrogativo di fondo: come andrà a finire? Se la domanda la si pone all’attuale segretario del Pd, la risposta è una sola: “Lo decideranno gli elettori”. Il che equivale a dire: “Io sono fuori dalla mischia e lo sono dal 26 settembre quando il voto non andò tanto bene per i dem”.