Stipendi troppo bassi, urgono politiche di sostegno e aumenti salariali: sì, lavorare di più, ma con paga adeguata

Stipendi troppo bassi, urgono politiche di sostegno e aumenti salariali: pronti a lavorare di più, ma con paga adeguata, altrimenti si va al'estero

di Marco Benedetto
Pubblicato il 1 Novembre 2022 - 12:56 OLTRE 6 MESI FA
Stipendi troppo bassi, urgono politiche di sostegno e aumenti salariali: pronti a lavorare di più, ma con paga adeguata, altrimenti si va al'estero

Stipendi troppo bassi, urgono politiche di sostegno e aumenti salariali: pronti a lavorare di più, ma con paga adeguata, altrimenti si va al’estero

Gli stipendi ?Troppo bassi. E inadeguati alle mansioni. Il 61% degli italiani se ne lamenta. A ragion veduta. È un pianto generale.

Lo rileva l’ultima ricerca IPSOS , la multinazionale leader nelle ricerche di mercato (uffici in 88 Paesi). Stipendi bassi e continuamente erosi da una inflazione quasi galoppante.

Di più: la ricerca, commissionata dalla milanese Kelly Services (azienda “top employers” Italia) certifica il cambiamento post pandemico in chiara evoluzione.  Il mondo del lavoro non è più lo stesso. Ed emergono punti invalicabili. In testa retribuzioni e tempo. Due terreni di scontro. Ma anche di potenziale incontro fra aziende e lavoratori.  Una questione sociale aperta. In una cornice di crisi energetica, economica e tutto quello che sappiamo.

1) STIPENDI, APPELLO AL NUOVO GOVERNO

Fare presto. Le richieste di aiuto sono aumentate in 12 mesi del 7,7% (fonte Caritas). E l’attuale crisi è destinata a peggiorare la situazione col caro-bollette, l’inflazione alle stelle (+8,9%) ed un carrello della spesa inquietante (+11%). In 14 anni – dal 2007 al 2021 – il numero di persone in povertà assoluta è più che triplicato da 1,8 milioni a 5,6.

Ha detto il cardinale Matteo Zuppi, presidente della CEI:”Sei milioni di poveri assoluti sono un valore sballato che richiede terapie “. Ma da quali terapie cominciare? Il nuovo governo ha messo in agenda politiche di sostegno delle persone. È una priorità incontestabile. Il 34% suggerisce una riduzione generale del costo del lavoro da convertire in adeguamenti salariali per i lavoratori. Il 33% suggerisce l’introduzione del salario minimo. La UE ha approvato le nuove regole. La direttiva europea piace alla Cigl, non a Confindustria.

2) EFFICIENZA, PRODUTTIVITÀ, VELOCITÀ NELLE MANSIONI

In una parola: il tempo. Il 37% degli occupati (e il 47% dei disoccupati) ha la percezione che oggi le aziende richiedano tempi più rapidi ed efficienti che in passato. E inoltre richiedono la più ampia flessibilità d’orario. Cioè essere disponibili e reperibili quando serve alla azienda. Il 35% degli occupati (e il 45% dei disoccupati) ci sta. Però a fronte di un riconoscimento economico. Il 37% è disponibile a lavorare  anche il sabato e la domenica, persino essere reperibili fuori dell’orario di lavoro. Ma vuole un significativo ritocco dello stipendio.

3) UN COMPROMESSO PUR DI LAVORARE

Non è una sorpresa. Pur di lavorare ed avere un reddito, la ricerca IPSOS ha certificato che il 54% dei lavoratori sono pronti a compromessi. Ma la stessa ricerca mette in guardia le imprese. Signori fate attenzione: non tirate troppo la corda. Il 45% del vostro personale è pronto a lasciarvi se non aumentate gli stipendi. Il 37%  è disposto ad andare anche all’estero per avere stipendi più alti. Occhio, è un tema bollente e urgente.