Un Matteo Renzi da combattimento

di Giuseppe Turani
Pubblicato il 2 Luglio 2017 - 06:45 OLTRE 6 MESI FA
Un Matteo Renzi da combattimento

Un Matteo Renzi da combattimento

ROMA – “Un Matteo Renzi da combattimento“: questo il titolo di un articolo di Giuseppe Turani pubblicato su Uomini e business.

E’ tornato il vecchio Matteo Renzi, quello di prima della sconfitta del 4 dicembre sul referendum. I suoi fan hanno ritrovato nel suo discorso (i cui passi importanti trovate qui sotto) il ragazzo deciso e netto di una volta. Le cose importanti da notare mi sembra che siano tre.

1- Parlo con tutti, ma non di alleanze. Parlo di cose da fare. In pratica si tratta di un benservito a Pisapia e ai fuorusciti dal Pd (oggi articolo 1) che speravano di rientrare in qualche modo (almeno in lista). Niente: dovranno correre da soli e si vedrà che cosa riusciranno a fare.

2- C’è un impegno forte a proseguire lungo la strada delle riforme, anche se poi non vengono indicate quelle che potrebbero migliorare il sistema (concorrenza, privatizzazioni, ecc.). Ha preferito, come al solito, abbondare in promesse, a proposito del lavoro e del reddito dei pensionati. Si sente già, insomma, profumo di campagna elettorale.

3- Ma ha detto anche una cosa molto sensata e molto precisa. Anzi, due. La prima è che fuori dal Pd non c’è la rivoluzione proletaria, o marxista-leninista, ma il populismo dei grillini e di Salvini (ormai gli ultimi populisti in Europa). La seconda è che niente si può fare di riformista e di progressista senza passare dal Pd. E il Pd, due mesi fa, ha scelto lui come segretario con quasi due milioni di votanti.

Ancora più in chiaro: senza il Pd, e senza il sottoscritto, non si va da nessuna parte. Io farò la mia corsa, insieme al mio Pd, gli altri facciano la loro. Ci vediamo dopo le elezioni.

E’ il discorso che i suoi supporter si aspettavano e era anche l’unico discorso possibile per non perdersi nella confusione dei caminetti, delle coalizioni e dei veti incrociati.

In sostanza, ha disegnato un Pd che, forte delle sue idee (ancora poche, per la verità) cercherà il voto. Pronto poi a fare quello che ci sarà da fare per dare un futuro decente al paese. Futuro che, comunque, non può vedere il Pd alla finestra.

I PASSI PRINCIPALI DEL DISCORSO DI RENZI

“Si aspettano che io parli di coalizioni, legge elettorale. Noi invece siamo qui a parlare di tutt’altro. Perché pensiamo che la politica sia una cosa seria. Vorrei proporvi un percorso che superi la nostalgia. Nostalgia, viene dal greco, che fa riferimento al tornare e al dolore. C’è un sacco di gente che sta riscrivendo il passato, invece dobbiamo scrivere il futuro. La nostalgia non può essere il paradigma della politica”.

“Tre anni fa l’Italia era in fondo alle graduatorie, i media dicevano che avrebbe fatto la fine della Grecia. L’occupazione aveva il segno meno, come il Pil. I grafici ci vedevano agli ultimi posti tra i Paesi industrializzati. Expo sembrava una sfida impossibile. Investire sulla cultura sembrava impossibile. La parola d’ordine era austerità e fiscal compact. Questo tre anni fa, quando non io ma noi insieme abbiamo preso per mano questo Paese. E oggi il Pil cresce più delle previsioni del Fmi. L’occupazione ha il segno più. Da qui a fine legislatura potremmo arrivare al milione di posti di lavoro in più”.

“Pensionati, non credo che la legge Fornero sia tutta sbagliata. Partiva da un presupposto giusto, ma aveva degli scalini e scatti eccessivi. Tutti hanno fatto scioperi, il Pd invece ha scelto con forza di dare una straordinaria occasione a 30 mila persone di andarsene anticipatamente, ce ne saranno altre, i pensionati avranno la 14ma. E lo abbiamo fatto noi, non altri che parlano di sinistra ma non l’hanno fatto quando al governo c’erano loro. E si sono messi soldi sula cultura. La parola in Europa ora è flessibilità e investimenti, non più austerità”.

“Due mesi fa le primarie. Due mesi fa. Due milioni che votassero non se li aspettava nessuno. Nemmeno io. C’era anche il ponte. Nel Pd chi comanda non è il segretario, è la gente. Io rispondo ai cittadini, non ai capicorrente. Si sono fatte le primarie perché sono un esercizio democratico. E quando la democrazia parla si fa quello che dice la gente. Tu Matteo devi essere più inclusivo. Ma questo non vuol dire decidere chi inserire nelle graduatorie prendendo un po’ da qui e un po’ da lì. E’ andare nei circoli. Dopo le primarie i sondaggi sono andati bene. Troppo bene, allora è partita la discussione interna. Non è un problema, figurarsi, ho passato i premi mesi del 2017 a cercare di capire chi fabbricava prove false contro di me e la mia famiglia. Ma questo è un attacco contro il Pd, che è l’unica barriera contro i populisti. E io difendo questa comunità di donne e uomini. Fuori dal Pd non c’è la rivoluzione marxista-leninista, c’è il M5s. Chi immagina di fare il centrosinistra senza il Pd vince il Nobel della fantasia”.

“E’ impossibile fare a livello nazionale un’analisi seria del voto delle amministrative, perché è sempre la stessa storia. A Padova ha vinto il Pd, ma soprattutto quelle donne e uomini che prima avevano perso. A Padova nel 2014 abbiamo preso 20 mila voti alle amministrative e 45 mila alle europee. A Palermo, come percentuale, il risultato è più o meno come quello di Torino dello scorso anno. Ma a Torino abbiamo perso, perché la legge elettorale è diversa. Vogliamo stare ancora a discutere delle amministrative? Senza il Pd non avrebbe vinto Sala, né avrebbe vinto Pisapia, senza il Pd a sinistra non vince nessuno”.

“Io ho nostalgia del Pd che aspettava il futuro, non dei tavoloni dell’Unione dove tutti si parlavano addosso. Non del ministro che scendeva in piazza contro il suo presidente del Consiglio. Ho nostalgia dell’intuizione di Veltroni, quando immaginò che nel Pd si stesse insieme per qualcosa, non contro qualcuno”.

“Lavoro casa mamme, le nostre tre parole. Siamo il partito del lavoro, non dell’assistenzialismo. Il reddito di inclusione lo facciamo noi, ma voglio che tu ci provi, studi, faccia fatica. Non hai diritto al sussidio, ma ad avere un’occasione. Io sono contento di esser al 34% di disoccupazione giovanile, ma solo perché penso da dove siamo partiti. C’è un’emergenza, l’Italia è divisa in due, Lombardia e Vento hanno ripreso a correre, il Sud, nonostante segnali positivi, è indietro”.

“I giornalisti non hanno pezzo, non si doveva parlare di Pisapia? Bene, su queste cose sono disposto a discutere con chiunque, ma sul futuro dell’Italia non può fermarci nessuno”.

“Un Paese che non investe in cultura è finito. Giusto mettere il poliziotto di periferia, ma bisogna ricordare chi siamo e da dove veniamo. Sapete cosa vuol dire Boko Haram? L’istruzione occidentale è peccato. La cultura è peccato. Noi siamo l’opposto. E se non lo facciamo nelle nostre città dove lo faremo? Rimettiamoci in cammino senza andare dietro alle discussioni finte. Sono le discussioni che non servono più, fuori c’è un Paese dove tanta gente non va a votare e a cui non frega niente di quale sarà il sistema elettorale. Quando il 24 settembre chiuderà a Imola la Festa dell’Unità, saliremo su un treno e andremo in tutte le province italiane. Tanti non sanno cosa ha fatto il governo del Pd, datemi una mano. Il treno avrà la carrozza social, lo spazio degli incontri. Orgogliosi di fare un pezzo di strada con persone della società civile che si oppongono alla società incivile. Perché chi non vaccina i figli è incivile. Quel pezzo di strada lo faremo su tutti i settori”.

“C’è un’enorme problema con l’Europa, che ha perso il senso della propria vocazione. Ci hanno dato dei confusionari perché abbiamo battuto i pugni sul tavolo. In questo momento si ricordano Simone Veil ed Helmut Kohl. Dobbiamo distruggere un mondo di pregiudizi. Ha ragione Minniti quando dice che l’Europa non può far finta di niente sull’emergenza migranti. Dirò di più: a chi non rispetta le regole sui migranti, a quei Paesi che non accolgono la loro quota, noi smettiamo di mettere 20 miliardi nel bilancio europeo, soldi di cui si avvalgono proprio loro, e li mettiamo sulla gestione dei migranti. Quello che dovremo fare nella prossima legislatura sarà ancora di più, tutti insieme. E che l’Europa torni a Maastricht, a Lisbona e a Ventotene. Essere europeo non vuol dire andare a prendere ordini”.

“Nel tempo della paura bisogna mettersi in gioco. Loro urleranno, si lamenteranno. Noi studieremo e costruiremo, senza rincorrere i veti degli altri. Vogliono fare la gara contro di noi? La facciano, noi non siamo contro nessuno. Ma gli italiani hanno diritto al lavoro, l’articolo 1 della Costituzione. Lavoro, non assistenzialismo, reddito di cittadinanza. Lavoro, priorità numero uno e non solo nel Mezzogiorno. Ma l’Italia ha bisogno anche del sogno. Con il ritorno della nostalgia, tanti non si rendono contro che quello che serve è una visione, un orizzonte. Ci viene richiesto di fare un programma preciso che ci porti al 2020. Che ci sblocchi finalmente Bagnoli, ad esempio. Senza un sogno non si va da nessuna parte. In questi due mesi, dopo le primarie, si è voluto far credere che la politica sia solo sistemare le persone, discussioni tra addetti ai lavori su quello che si sarebbe fatto da grandi”.