L’allenatore dell’Inter Primavera ed eroe del Triplete nerazzurro, Cristian Chivu, intervistato da Sportitalia, ha parlato dell’infortunio, una frattura al cranio, che subì durante un Chievo-Inter del 2010:
“Era il mio giorno di rinascita. Non è stato un momento facile da gestire. Poteva finire tutto, ma nella sfortuna, sono stato fortunato. Ci è mancato poco e non sarei riuscito più a parlare o a muovere la parte sinistra del mio corpo. I giorni di convalescenza, le mille domande che mi facevo, l’incertezza di non essere più un calciatore professionista, ma con la fortuna di essere ancora un uomo normale. Mettevo sulla bilancia le due cose, per fortuna sono ancora qua”.
Cristian Chivu e il post infortunio
“Dopo due mesi e mezzo ero in campo, con tutte le mie paure e incertezze del caso. Giocando soffrivo soprattutto nel colpo di testa. Tutto ciò che ho dovuto subire dopo con tutte le medicine che prendevo mi avevano portato a fare delle cose che non appartenevamo a me. Come i gesti osceni fatti dopo la partita di Coppa a Roma, il pugno a Marco Rossi, la litigata con Rafa Benitez. Nessuno però sa che prendevo delle medicine che mi toglievano i filtri. Mi ricordo che i miei compagni chiamavano a casa mia moglie e le chiedevano se tutto fosse apposto. Se io a casa ero aggressivo, se mettevo le mani addosso. Questo ci tengo molto a chiarirlo, perché poi vengo giudicato per uno che è andato a Roma a fare quei gesti osceni nonostante abbia chiesto scusa. Il pugno a Marco Rossi è stato come un primo istinto animale, ma c’è un perché: dintoina. Avrei dovuto prenderli per due mesi, ma li ho portati avanti per nove mesi. Ci tenevo a dirlo”.