Congresso Pd/ D’Alema: “Liberiamo il partito dal leaderismo plebiscitario”

Pubblicato il 3 Luglio 2009 - 16:40 OLTRE 6 MESI FA

A passare per il principale responsabile dell’affossamento del pd Massimo D’Alema non ci sta. L’ex ministro degli Esteri lo dice chiaro e tendo: «Se si dà la colpa di non aver raggiunto il 40% dei consensi auspicato da Eugenio Scalfari agli apparati cattivi, non c’è discussione politica ma solo la ricerca della via per eliminare i cattivi e si finisce male».

Il giorno dopo la convention organizzata da Veltroni, D’Alema analizza la vicenda italiana degli ultimi quindici anni e rilancia la sua idea di partito. Che deve scacciare le suggestioni leaderistiche e tornare a fare politica. Cosa che, spiega il presidente di ItalianiEuropei, al congresso di ottobre non si potrà fare. «Bisognava cominciare da una discussione seria e libera e poi, dopo, pensare alle candidature – commenta – Ora è necessario liberarsi di un progetto di partito che ha chiuso in una gabbia troppo asfittica il Pd». Non cita Veltroni ma il destinatario di queste parole sembra proprio l’ex segretario.

La strada da seguire per far rinascere il Pd, per D’alema, è quella di darsi «regole di partito perchè ora l’impianto costitutivo tradisce l’impronta culturale dell’antipolitica». Con buona pace di quel bipartitismo caro a Veltroni: «Non ci credo, non perché sia un male in sè, ma perchè non c’è nella realtà italiana. I partiti sono il frutto della storia, non li si può imporre per legge».

Poi tocca a Berlusconi di cui vede “il declino”. Che, però, non sarà “lineare”. È preoccupato D’Alema per una fase politica che vede «una nuova destra populista e nazionalista» imperversare in Europa. Qualcosa, continua «che ci ricorda quello che avvenne dopo la crisi del ’29 con il New Deal da un lato e il nazionalismo dall’altro. Il risultato è diverso: non voglio dire che siamo alle porte del nazismo ma molti ingredienti sono simili».