Hillary Clinton minaccia sanzioni ”molto dure” all’Iran se rifiuta il dialogo e dice che il regime dei Castro ”sta per finire”

Pubblicato il 22 Aprile 2009 - 18:01 OLTRE 6 MESI FA

Il segretario di stato americano Hillary Clinton ha auspicato sanzioni «molto dure» nei confronti dell’Iran se respingerà le offerte di dialogo nei prossimi colloqui volti a fermare il programma nucleare di Teheran.

In dichiarazioni al Congresso la Clinton ha detto che è «imperativo» per gli Stati Uniti bloccare la minaccia di un Iran dotato di armi nucleari.

Iran e Stati Uniti hanno comunque deciso di comune accordo di proseguire le trattative sul controverso programma nucleare iraniano, che si svolgeranno insieme agli altri quattro Paesi che fanno parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, oltre alla Germania.

In questo senso si inquadra la decisione del presidente  Obama di invitare alla Casa Bianca, dopo il mini-vertice sul Medio Oriente per rilanciare il processo di pace, previsto il 6 e il 7 maggio prossimo, il presidente afghano Hamid Karzai e l’omologo pakistano Asif Ali Zardari per favorire la stabilizzazione della regione.

La Casa Bianca ha annunciato alcune settimane fa una nuova strategia sull’Afghanistan che prevede una maggiore integrazione per tutte le decisioni che riguardano l’Afghanistan e il Pakistan, considerati da Obama un fronte unico nella battaglia contro i terroristi.

La Clinton è poi passata ad affrontare un altro argomento «caldo» per la diplomazia americana, quello di Cuba. Il segretario di stato ha detto che il regime dei Castro a Cuba «sta per finire» e che quindi gli Stati Uniti si devono preparare a gestire il dopo regime.

La Clinton ha commentato anche le recenti affermazioni, non in sintonia, fatte dai fratelli Fidel e Raul Castro sulla disponibilità cubana a discutere con gli Usa tutte le questioni, comprese quelle dei prigionieri politici e dei diritti umani.

«Stiamo assistendo all’inizio di un dibattito a Cuba», ha osservato la Clinton. «Penso che questo è un regime che sta per finire e gli Stati Uniti devono essere pronti ad affrontare questa eventualità».