Prepensionamento giornalisti/ I dubbi di Nese, il chiarimento di Siddi

Pubblicato il 17 Aprile 2009 - 14:04 OLTRE 6 MESI FA

Sul tema dei prepensionamenti, che sta a cuore e centinaia di giornalisti che coprono ruoli di responsabilità, un commento di Marco Nese del Corriere della Sera alla nota con la quale Franco Siddi, segretario della Federazione della stampa, spiegava la norma contrattuale, ha offerto allo stesso Siddi l’occasione di una replica.

L’intervento di Nese.

Visto che Siddi offre delle spiegazioni sull’art.33, sarebbe interessante capire anche come spiega il passaggio seguente inserito nel nuovo contratto: «Le parti, in ordine ai criteri per la sussistenza della di cui alle legge n. 416/1981 e successive modificazioni e integrazioni, ritengono che la stessa non sia rilevabile unicamente dai bilanci aziendali ma anche da riscontrabili indicatori oggettivi, presenti e prospettici esterni che abbiano incidenza su una critica situazione dell’impresa e possano pregiudicarne il buon andamento operativo. Tali indicatori in particolare dovrebbero registrare un andamento involutivo tale da rendere necessari interventi per il ripristino dei corretti equilibri economico-finanziari e gestionali».

Il chiarimento di Siddi.

Una risposta diretta: la spiegazione è contenuta nelle leggi e nelle disposizioni amministrative che ne regolano l’applicazione.
Gli stati di crisi aziendale sono definiti sulla base della legge 416/1981 e successive modificazioni e integrazioni, esattamente come è scritto nel paragrafo, riportato dal collega Nese, contenuto nell’allegato “Welfare” all’ipotesi del nuovo contratto. Si tratta di norme esistenti e su cui non da oggi, ma ormai da anni, ci si confronta, sindacalmente, tra parti sociali nell’esame degli stati di crisi e ristrutturazioni di aziende editoriali e su cui, in ultima analisi, il Ministero del Lavoro valuta e decide se emettere o meno il decreto di ammissione agli ammortizzatori sociali per aziende e giornalisti.
Se si vuole cercare un elemento ulteriormente chiarificatore, va segnalato che nella nuova intesa viene specificato il carattere di oggettività che deve essere riscontrabile negli indicatori di criticità dell’impresa. Si tiene conto esplicitamente di norme già applicate da molti anni, come detto, oggi portati in chiaro e alla conoscenza di tutti, fino a ieri confinate nei documenti degli addetti ai lavori (decreti, leggi, circolari ministeriali, sentenze). Non va dimenticato che sugli stati di crisi è prevista l’analisi delle parti sociali.
Non sempre questa procedura si conclude con accordi e in queste circostanze comunque la decisione finale va tutta in capo al Ministero del Lavoro, vigilante peraltro sull’Inpgi. Ciò è capitato ed è anche successo che la Fnsi e l’Inpgi abbiano fatto ricorso in tribunale contro decreti di ammissione di stato di crisi che per le istituzioni di categoria non erano giustificabili. In tribunale si vince e si perde e in un caso si è perso con una modalità che ha fissato definitivamente i criteri sui quali vanno fatti i conti, oggettivamente.
L’occasione di questo chiarimento è utile anche per segnalare l’accordo sulla gestione degli stati di crisi e sui costi che debbono essere sottratti all’Inpgi, che fino a dicembre dell’anno scorso era diventato il bancomat delle ristrutturazioni. Grazie all’impegno profuso dalle parti sociali per la prima volta c’è un finanziamento pubblico di 20 milioni di euro per i prepensionamenti e una norma che obbliga gli editori a pagare gli eventuali costi superiori. Con l’accordo contrattuale si sono stabilite le modalità e i termini di questo pagamento.
In presenza di una crisi vera che c’è e di presumibili ingenti costi per gli ammortizzatori sociali, si può stimare che nei prossimi due anni l’Inpgi, tra minori costi ed entrate certe, avrà disponibili per le pensioni 80 milioni di euro che in caso contrario sarebbero stati sottratti ai contributi per le pensioni. Il contratto aiuta a mettere in sicurezza anche gli stipendi di domani, e quindi anche le pensioni, appunto.