I coltivatori del Texas stretti nella morsa della siccità

Pubblicato il 23 Maggio 2011 - 09:20 OLTRE 6 MESI FA

AUSTIN – Stretto in una morsa di vento e sabbia il Texas languisce. Una siccità tenace, che sembra non finire mai, imperversa nelle pianure, arriva fino alle porte delle città. Gli sguardi stanchi degli uomini scrutano il cielo azzurro accecante, senza una nuvola che lo righi. Si coltiva, si ara e si pianta, e intanto si aspetta, e si prega; per una pioggia che non sembra arrivare mai. Da sempre lo stato americano vive della sua agricoltura e dell’allevamento di bovini. Tanti cowboy e tanti agricoltori hanno fatto la storia del Texas, uno stato che come pochi altri negli Stati Uniti custodisce ed onora la consapevolezza della propria identità.

E l’identità del Texas è anche fatta, a memoria d’uomo, di pioggia che non viene, di cieli tersi, di siccità. I più anziani ricordano ancora la Dust Bowl, una serie di tempeste di sabbia che colpirono il paese all’indomani della Grande Recessione. Anni di coltivazione intensiva con tecniche scriteriate, annichilò le colture erbose dei campi. Senza un filo d’erba per terra a trattenere l’acqua del suolo, e senza una goccia di pioggia a cadere dal cielo, i campi diventarono terra. La terra, battuta dal sole impetuoso, diventò sabbia. Trasportate dal vento proverbiale del Texas, immense nuvole di polvere terrosa coprirono il cielo di paesi e campagne, arrivando fino alle porte di Chicago. Decine di migliaia di persone, spinte da questo flagello, metà umano metà atmosferico, lasciarono le loro terre per non ritornare mai più.

Il ricordo di quei difficili momenti marca ancora il paesaggio del Texas. Anche se nessuno vuole fare il paragone, la mente corre a quei lontani anni trenta. Anche oggi la pioggia non cade, e la terra diventa sempre più arida, rossiccia, senza vita. Mentre l’attenzione dei media è tutta sulle inondazioni del Mississippi, gli agricoltori ed i coltivatori del Texas sono sull’orlo del collasso, messi in ginocchio da un flagello lento e implacabile. Al confine con l’Oklahoma si sono già registrati i valori record per la durata della siccità. Diverse comunità non vedono una goccia di pioggia da otto mesi. Le spighe di grano sono vizze prima di diventare mature. Prive di linfa, non riescono nemmeno a crescere e restano basse, quasi radenti al suolo. Dappertutto si generano, quasi vomitati dalle viscere delle terra, incendi che concludono l’opera di devastazione. In qualche mese ne hanno registrati novemila. Due milioni di acri se ne sono andati così, una buona parte dei quali destinati al pascolo del bestiame.

Gli agricoltori e i coltivatori del Texas sono di una tempra dura, abituata alle avversità, alla pioggia che non cade. Senza fatalismo e rassegnazione, credono nella sopportazione, e sono troppo fieri per abbandonare il proprio lavoro, per voltare le spalle al loro passato. Ralph Miller ha 79 anni, la maggior parte dei quali passati in queste lande, ad allevare mucche. Ha visto tutte le siccità del secolo scorso, compreso il Dust Bowl, ed avrà visto anche la prima del nuovo millennio. Le sue mucche fanno paura: emaciate, le costole sporgenti, gli occhi fuori dalle orbite. Quando si accosta a loro col camioncino, le mucche scheletriche gli corrono veloci incontro, uno spettacolo triste ed insolito per un coltivatore: senza più l’ebra nel prato, i bovini si stanno abituando al cibo che porta loro Miller. Ma non è per questo che bisogna che lamentarsi: «Mia madre ha nutrito 4 figli e quindici mandriani – spiega Miller – e non ha mai comprato una fetta di pane in vita sua. Lo preparava tre volte al giorno su un forno a legna. La gente non sa veramente cosa sono i tempi difficili.» Alla domanda se pensa che potrebbe perdere il ranch risponde: «Non succederà, non lo permetterò, anche se dovrò lavorare 24 ore al giorno. Ne ho viste altre di siccità e so che pioverà ancora. Sarò qui quando piove di nuovo».