Napolitano riconosce che il centralismo amministrativo (non quello democratico) fu un “vizio d’origine”. Ma Cota ama tanto il federalismo che accetta anche il Papa

Pubblicato il 10 Giugno 2010 - 09:40 OLTRE 6 MESI FA

C’è centralismo e centralismo e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano conosce bene la differenza.   C’è quello democratico, che una volta era tipico del partito in cui militava anche il Presidente e che ora è stato rivitalizzato e applicato, anche se senza troppo successo, dall’ultimo bolscevico italiano, Silvio Berlusconi Chavez. C’è quello amministrativo, importato in Italia da Napoleone, dal quale abbiamo ereditato perfino i prefetti.

Ne hanno parlato di recente a Torino il presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota e lo stesso Napolitano.

Cota, che è un bravo politico ma forse quando andava a scuola non considerava la storia la sua materia preferita, ha ricordato che che nel processo unitario del Risorgimento “c’era anche l’opzione federalista che poi non si concretizzò”, ma ha dimenticato che l’opzione federalista considerata in Italia non era quella adottata dal Kaiser in Germania e che fece grande l’impero tedesco: era quella che vedeva il mantenimento del potere temporale della Chiesa e il Papa a capo della nuova Italia.

Napolitano non ha rintuzzato l’errore, ma ha riconosciuto l’ovvio:  “Lo Stato unitario nacque nel 1861 con una forte impronta centralizzatrice, all’insegna di una uniformità che ha rappresentato un vizio di origine che, io ritengo, ha poi avuto una fondamentale correzione”.

Ha detto ancora Napolitano: “Lo abbiamo detto tante volte che nel processo unitario ci fu anche una componente del pensiero federalista, anche se poi lo Stato unitario nacque senza di essa”. La “correzione” che è stata apportata, ha aggiunto Napolitano, a quell’impronta, e che ha costituito quasi “una svolta” si ebbe nel 1945 con la Liberazione e poi nel 1947 con le Regioni a statuto speciale e “con l’approvazione di una carta costituzionale che all’articolo 5 lega l’unità e l’indivisibilità della nazione italiana alla promozione delle autonomie locali”.