Rai, la “mamma” che licenzia le mamme. E poi il canone pc, Celentano…

Pubblicato il 20 Febbraio 2012 - 20:44| Aggiornato il 21 Febbraio 2012 OLTRE 6 MESI FA

(LaPresse)

ROMA – Una volta la chiamavano “mamma Rai”. Adesso, di mamme, la Rai sembra non volerne sapere più. E non solo. L’ultimo incidente, in mero ordine cronologico, scoppia nel pomeriggio di lunedì 20 febbraio quando l’associazione “errori di stampa” denuncia l’esistenza di un contratto discutibile.

Carta canta e dice testualmente, all’articolo 10 del contratto di consulenza che “nel caso di sua malattia, infortunio, gravidanza, causa di forza maggiore o altre cause di impedimento insorte durante l’esecuzione del contratto, Ella dovrà darcene tempestiva comunicazione. Resta inteso che, qualora per tali fatti Ella non adempia alle prestazioni convenute, fermo restando il diritto della Rai di utilizzare le prestazioni già acquisite, le saranno dedotti i compensi relativi alle prestazioni non effettuate. Comunque, ove i fatti richiamati impedissero a nostro parere, il regolare e continuativo adempimento delle obbligazioni convenute nella presente, quest’ultima potrà essere da noi risoluta di diritto, senza alcun compenso o indennizzo a suo favore”.

La parola chiave, ovviamente, è gravidanza: l’articolo in questione, infatti, stabilisce semplicemente che se una collaboratrice resta incinta può essere licenziata.  Che poi non sia ancora mai successo è un dettaglio: resta la possibilità, il potenziale. E soprattutto l’idea che la gravidanza di una collaboratrice sia un ostacolo all’azienda.

La replica Rai. Il caso, ovviamente, monta nel giro di poche ore. Al punto che la Rai è costretta a entrare nella questione con una nota: “La Rai conferma di essersi sempre scrupolosamente attenuta al rispetto delle norme a tutela della maternità. Non esiste quindi alcuna clausola che possa consentire la risoluzione anticipata dei rapporti lavorativi del personale con contratto, anche a termine, di natura subordinata”.  

”Quanto ai contratti di lavoro autonomo – ai quali come noto non si applica lo Statuto dei Lavoratori ne’ le relative tutele – la Rai precisa di non essersi mai sognata di interrompere unilateralmente contratti di collaborazione a causa di maternita’, a meno che questo non sia stato richiesto dalle collaboratrici interessate per ragioni attinenti allo stato di salute o alla loro sfera personale. Ogni qualvolta si sia determinata l’esigenza di interrompere i contratti – si ripete su richiesta delle collaboratrici – Rai si e’ sempre adoperata per assicurare loro futuri impegni professionali al venir meno della ragione impeditiva pur senza aver alcun obbligo di legge al riguardo”.

Le reazioni. La nota, in ogni caso, non sembra destinata a chiudere il caso. Anche perché contro la “clausola di gravidanza” insorge mezzo mondo politico. Comincia il portavoce di Articolo 21 Giuseppe Giulietti che chiede una risposta “dettagliata e tempestiva alla Rai”. Rincara il leader di Sel Nichi Vendola: “Basta poco: cancellino quelle anacronistiche ed offensive norme capestro per le giovani collaboratrici del servizio pubblico radiotelevisivo”.

Sulla stessa linea anche il segretario della Cgil Susanna Camusso: ”Un contratto assolutamente illegittimo perche’ considera causa di risoluzione del rapporto di lavoro la malattia, l’infortunio e la gravidanza”

Uno dei commenti più duri viene dalla deputata di Fli Flavia Perina: ‘Se fossero confermate le notizie sulle clausole capestro anti-gravidanza nei contratti per le consulenti a partita Iva, dovremmo concludere che alla Rai qualcuno e’ uscito di testa”. Soprattutto l’ex direttrice del Secolo d’Italia fa due più due e somma la gaffe sui contratti a quanto accaduto qualche giorno fa sulla questione canone-pc:  ”Non paghi di voler imporre il canone nel modo piu’ indiscriminato anche ai possessori di cellulari e tablet, oggi sembra che a Viale Mazzini vogliano usare queste risorse per ricattare le lavoratrici e imporre loro condizioni intollerabili non solo da un punto di vista giuridico, ma anche civile. La cosa – conclude Perina – e’ particolarmente grave perche’ queste consulenti ‘esterne’ non sono in realta’ quasi mai lavoratrici autonome, ma dipendenti a tutti gli effetti, contrattualizzate in forma impropria, cioe’ a partita Iva”.

Perché è solo di giorno fa la richiesta dell’azienda di far pagare il Canone anche ai possessori di Pc e tablet. Un modo per incrementare non di poco gli introiti. Ma soprattutto un modo che non è piaciuto affatto a chi, con i pc vive e lavora. Così su Twitter uno degli hashtag più diffusi è diventato il poco elegante ma indubbiamente efficace #raimerda.

Qualche giorno prima, invece, la Rai era stata nella bufera per un’altra questione, stavolta autenticamente televisiva: il caso Celentano a Sanremo. Il musicista è andato al Festival, ha attaccato e ha creato il terremoto del “commissariamento” della rassegna. Tutto risolto? No. Perché commissario o non commissario, Celentano a Sanremo c’è tornato. Ripetendo, con la sola variante di qualche fischio dalla platea, gli stessi concetti della volta prima.