La politica? Corrotta perché non più sovrana. Alberto Burgio sul Manifesto

Pubblicato il 25 Settembre 2012 - 14:12 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Le dimissioni di Renata Polverini da governatrice del Lazio sono il fatto del giorno e come articolo del giorno vi proponiamo un commento di Alberto Burgio sul Manifesto, “Fallimento morale e antropologico, un’analisi delle cause della situazione disastrosa della democrazia in Italia, che non riguarda solo la destra di governo nella regione che ospita la Capitale.

Scrive Burgio: “La corruzione è il costo dell’emarginazione delle funzioni rappresentative. La classe politica ha accettato la propria riduzione a mansioni subordinate in cambio di vantaggi materiali”. E’ l’irrilevanza della politica, ghetto dorato al servizio di altri centri di potere (i mercati, le tecnocrazie) e non “casta”, a produrre la corruzione e quindi la delegittimazione della politica stessa.

La governatrice del Lazio ha rassegnato le dimissioni. Tanto doverose quanto insufficienti per sanare una democrazia ferita. Al punto che l’idea stessa di rappresentanza suona ironica. Oggi la casta è sinonimo di separatezza, oltre che di corruzione. Nei suoi comportamenti si manifesta la malattia terminale di un sistema politico in sfacelo. Fallimentare sul piano dei risultati materiali e impresentabile sul terreno morale e «antropologico».

È un fenomeno talmente grave, che il discorso morale non basta più. Talmente organico che ricondurlo al solo profilo (im)morale dei protagonisti sarebbe riduttivo. Assodata l’esigenza di punire il malaffare, restano aperte altre questioni. Se l’impressione che in Italia la corruzione politico-amministrativa abbia passato il segno ha fondamento, occorre riflettere su due fattori: la qualità della «classe politica» e le occasioni che le vengono offerte di abbandonarsi a comportamenti indecenti. Si tratta di aspetti connessi perché nessuna tentazione potrebbe fare breccia in un incorruttibile e perché gran parte di quelle tentazioni sono generate in piena autonomia da quanti ad esse cedono. Come dire che qui Sant’Antonio è il diavolo stesso.

Le tentazioni sono troppe. Per cui «fare politica» è ormai, per molti, una carriera: il mezzo per conquistare uno status e fare bella vita, tra case di lusso e vacanze pagate, vitalizi e tesoretti in banca. Quanto alla classe politica, la sua scadente qualità ha cause oggettive. La politica – l’insieme delle istituzioni rappresentative in primis – non attrae più la parte migliore del paese, la più colta, la più capace, la più sana. Non vi riesce più perché è sempre meno il luogo della sovranità. La quale è migrata verso le tecnocrazie e le burocrazie (sempre meno nazionali, sempre più europee e «globali») e verso i mercati (il Senato virtuale dei detentori di capitali finanziari e i signori delle imprese transnazionali).

In sintesi, l’élite va dove si comanda. La politica, marginale, è lasciata a figuranti, e trovarli è facile, considerate le tentazioni di cui stiamo dicendo. Le quali svolgono un ruolo sistemico. Qui un primo cerchio si chiude. La corruzione è il costo dell’emarginazione delle funzioni rappresentative. La classe politica ha accettato la propria riduzione a mansioni subordinate in cambio di vantaggi materiali. 

Che in tale situazione la politica attragga tanti mediocri e qualche mascalzone non è motivo di sorpresa. Ma in questo discorso la subordinazione delle istituzioni rappresentative non è solo un dato di partenza, è anche un obiettivo. E la corruzione di politici e amministratori pubblici non è solo conseguenza della subordinazione delle assemblee elettive, è anche uno strumento per perfezionarla. Qui si apre un secondo cerchio, il più importante. [Continua a leggere…]