“Armi lasciate a jihadisti dopo guerra a Gheddafi”: Bernardo Valli su Repubblica

Pubblicato il 18 Gennaio 2013 - 09:46 OLTRE 6 MESI FA
Un gruppo di terroristi islamici in Mali

ALGERI – Bernardo Valli sul quotidiano la Repubblica offre una lucida interpretazione sull’intervento militare francese nel Nord del Mali e sui futuri rischi.

All’origine del ragionamento di Valli c’è un dilemma: quella in Mali è un’inevitabile azione contro il terrorismo o un’operazione coloniale? E poi sono fondate le preoccupazioni dei vertici militari Usa che temono il ripetersi di stragi come quella di giovedì a InAmenas?

La risposta, secondo Valli, è insita tra le rovine libiche: quelle armi lasciate ai jihadisti, eredità della guerra a Gheddafi. Ecco un estratto dello scenario tracciato da Valli, che Blitz Quotidiano vi propone come “Articolo del Giorno”:

Armi e uomini dei gruppi jihadisti sono i resti del regime di Gheddafi, assoldati dall’Aqmi e dai suoi derivati. Gli aerei e i soldati francesi nel Nord del Mali continuano in sostanza l’operazione franco-inglese, allora soltanto aerea, che fu determinante nella sconfitta del colonnello libico. Un’operazione rimasta incompiuta, poiché l’azione militare non basta. Demolisce un regime ma lascia soltanto rovine. Non solo rovine materiali. La ricostruzione politica doveva essere il capitolo finale indispensabile di un intervento come quello promosso da Londra e da Parigi, con l’aiuto logistico americano. Quella ricostruzione politica non c’è stata. Cosi oggi la Libia non è più oppressa da un raìs megalomane e sanguinario, ma è un mosaico di tribù rissose incontrollabili dal governo centrale.

Montagne di armi sono state abbandonate, lasciate alla popolazione, alle fazioni in lotta, e in larga parte recuperate dai jihadisti. Se ne trovano adesso non solo nel Mali ma anche a migliaia di chilometri. Senz’altro in Siria. I jihadisti non sono numerosi. Non riempiono le piazze. Ma sanno scegliere i loro campi d’azione. Sono una nebulosa difficile da individuare fino a quando non passano all’offensiva. Sono salafiti e spesso non risparmiano i musulmani moderati. Non soltanto gli occidentali e i laici. In Iraq si sono infiltrati nella guerriglia anti-americana, all’inizio laica. Sono integralisti sunniti indottrinati da religiosi sauditi o del Golfo. In Siria sono ormai una forza consistente all’interno dell’opposizione armata al regime di Assad.

Questo sommario ritratto dei gruppi jihadisti che i francesi cercano di cacciare dal Nord del Mali, giustifica lo scetticismo del generale Carter F. Ham sull’efficacia dell’operazione promossa da Hollande. Come arginare quella nebulosa, che sfugge il più delle volte alle intelligence occidentali? Ma quando quella nebulosa si manifesta l’unica soluzione resta il tentativo di contenerla e di disperderla. E’ la strada scelta da Parigi, in quella regione africana che fu parte del suo impero. Ed è giusto che il resto dell’Europa, immune da tentazioni neocoloniali, dia una mano alla Francia. Con l’impegno a non limitarsi a un intervento militare, sia pure semplicemente logistico. Indispensabile è l’azione politica nel concerto delle nazioni africane, e via via la loro partecipazione diretta che non può essere soltanto occidentale. Per non rischiare appunto di apparire neocoloniale.