M5S, Fabrizio Roncone sul Corriere: “La sfilata dei 163 parlamentari”

Pubblicato il 5 Marzo 2013 - 14:49| Aggiornato il 1 Settembre 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – La riunione in hotel tra i parlamentari e Beppe Grillo era ovviamente off limits alla stampa. Ma Fabrizio Roncone del Corriere della Sera è riuscito a dribblare i controlli e infiltrarsi. Pochi minuti, giusto il tempo di raccontare lo spirito e le nuove facce che vedremo in Parlamento. Poi viene smascherato. Ecco il suo racconto:

«Scusi, dove va?» (Ragazza bionda, tenera, con l’ingrato compito di essere addetta alla sicurezza). Devo scendere, sono in ritardo, non voglio perdermi Beppe. «Veramente possono scendere solo i parlamentari… serve il passi…». Salgo a farlo tra dieci minuti, eh? «Mhmmm… dai, okay, tranquillo, scendi pure». La sala congressi è essenziale, le luci al neon bianche e fioche, il soffitto basso. Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio siedono laggiù, al tavolo dei relatori. Casaleggio è l’unico ad indossare la cravatta. Forse è anche l’unico in abito grigio. Lo sguardo scorre sui ranghi dei parlamentari grillini, su questi volti anonimi e puliti, allegri ed eccitati. Il loro abbigliamento informale è certamente un tratto distintivo. Colpisce anche la quasi totale assenza di formalismi. Prima, quando Grillo scherzando ha detto che il movimento avrebbe votato la fiducia a Monti, ci sono stati fischi e grida di evviva; la complicità con il leader appare sfrenata. Adesso che Grillo sta però parlando seriamente — «Siamo diversi, siamo migliori, non ci faremo fregare», etc etc — non fiata nessuno.

Qui fa caldo, in una stanza laterale è stato allestito un piccolo buffet (niente a che vedere con certi sontuosi rinfreschi di certe direzioni di partito) e mentre il rito della presentazione va avanti — c’è diretta streaming — un tipo secco con i capelli lunghi, sulle spalle, lo sguardo sorprendentemente trucido, s’incarica di controllare tutti coloro che non sono in possesso del passi. «Lei? Non ha il passi? E come mai non ha il passi? Eh eh… Venga un po’ qui…». Faccia piano. «Forza, andiamo, risaliamo…». Faccia piano. «Ha ragione Beppe… voi giornalisti siete esseri pericolosi». Risalita sotto gli occhi disgustati di alcuni parlamentari. La ragazza di prima, quella addetta alla sicurezza. «Lei mi ha detto una bugia… Non si vergogna? Fate pena, voi giornalisti, fate tutti pena…». Ne è valsa la pena, però. Vederli all’opera, dal vivo, sia pure per alcuni minuti, prima di andarli a vedere in Transatlantico. Percepirne l’entusiasmo stretto in un miscuglio di ingenuità e determinazione. Quasi tutti ripetono: «Voteremo solo le leggi che ci sembreranno giuste». Ma per votare qualcosa, bisogna prima fare un governo. Invece poco fa c’era Vito Crimi che, appena eletto capogruppo al Senato, urlava: «Non daremo la fiducia a un governo di partiti!». (Crimi, 40 anni, un palermitano che vive a Brescia, dice d’essersi diplomato con il «massimo dei voti», d’aver studiato matematica senza però laurearsi e di «avere una buona conoscenza dell’inglese scritto, meno di quello parlato»). Gruppetto di fotografi in circolo. Cercano di capire su chi hanno flesciato finora. «No, aspetta: questo… questo dovrebbe essere quello di Pavia… Luis Alberto Orellana, quello che fa il manager… No no… quella che hai fatto tu è invece Andrea Cioffi, l’ingegnere… sì, certo: Orellana è senatore… come no? Aho’, ma che stai a di’? Chiedemo a Chicco. Chiccooooo! Vié un po’ qui! Questo Orellana è senatore, sì o no?».