La sinistra ha perso minacciando tasse. Tony Blair: dal centro i voti della riscossa

Pubblicato il 12 Maggio 2015 - 13:32| Aggiornato il 13 Maggio 2015 OLTRE 6 MESI FA
La sinistra ha perso promettendo tasse. Tony Blair: dal centro i voti diriscossa

Ed Milliband. matteo Renzi dovrebbe tenere la sua foto in ogni stanza, per ricordarsi di quello che non si deve fare

LONDRA – Perché ha perso e cosa può fare per riscattarsi dalla sconfitta subita nelle elezioni politiche del 7 maggio 2015 il partito laborista inglese, il Labour Party che incarna le diverse anime della sinistra?

La vicenda inglese dovrebbe essere analizzata con attenzione a Roma, perché i problemi sono gli stessi. Sembra che Matteo Renzi e il suo manipolo abbiano ben chiaro il quadro, ma nella lotta contro i professionisti della politica può rivelarsi impari, perché questi ultimi, non avendo mai lavorato se non nelle stanze del partito e delle istituzioni, sono lontani dai sentimenti degli italiani almeno quanto il Partito laborista inglese dai suoi elettori.
La sinistra inglese è lacerata ma le cause sono chiare: troppo a sinistra fa male alla sinistra. C’è stato l’elemento  Scozia, certo, ma in Inghilterra e Galles il Labour è rimasto con i voti del suo recinto, un po’ come è successo in Italia al Pd di Pierluigi Bersani e al suo alleato Nichi Vendola di Sel.
“Gli elettori hanno preferito lo sviluppo economico alla reddistribuzione del reddito”

titola il Wall Street Journal. E scrive sotto:

“I conservatori hanno beneficiato di un collasso intellettuale e politico del Labour Party [che ha condotto] una campagna all’insegna della redistribuzione contro i “ricchi”, promettendo tasse sulla casa, aumento delle aliquote per i redditi più alti, aumento della spesa pubblica e perfino il blocco degli affitti. Gli elettori hanno inteso echi della lotta di classe degli anni ’70 e hanno deciso che potevano farne a meno”.

John Lloyd, giornalista inglese di gran nome, affida a Repubblica un giudizio dall’interno:

“Ed Milliband ha attaccato i banchieri facoltosi, i gestori di fondi della City di Londra e i magnati dei media, tutti bersagli molto popolari, a quanto sembrava. Ha dipinto i conservatori come un partito in procinto di privatizzare il servizio sanitario nazionale, amputare i servizi sociali, abbassare gli standard di vita dei lavoratori, senza riuscire al contempo a rispettare l’impegno, da lui stesso assunto, di ridurre l’ingente debito britannico.
Ha creduto fermamente — così è sembrato — che il fervore nel «cercare di spuntare un trattamento più equo per le famiglie dei lavoratori» avrebbe convinto il paese che aveva l’attitudine a governare. Nelle prime ore di venerdì è diventato poco alla volta sempre più evidente che ha fallito. All’alba è diventato ovvio che ha fallito miseramente.
I laburisti avranno dunque un nuovo capo, ma rispetto al cambiamento che dovranno attuare per sopravvivere e tornare un giorno al governo un nuovo capo è proprio il minimo. Miliband ha voltato le spalle al New Labour e al blairismo, privilegiando una posizione a sinistra mai ben definita, visto che insieme ai colleghi del suo gabinetto ombra ha continuato a rassicurare l’elettorato asserendo di essere abbastanza moderato, e promettendo al contempo ai propri sostenitori di cambiare ogni cosa, una volta giunti al potere.
Il partito laburista ha ora due possibilità: la prima è tornare nel solco del New Labour, trovare un leader che abbia l’energia e il sostegno di Matteo Renzi e che sia in grado di guidare nuovamente il partito verso il centro della politica britannica, esaltando il patriottismo, conferendo importanza al sostegno alle imprese, dimostrando un forte attaccamento all’Unione europea pur proclamando l’importanza del “rapporto speciale” con gli Stati Uniti.
L’altra strategia è restare a sinistra e stringere alleanze. I nazionalisti scozzesi si sono evoluti in un partito di sinistra. Il Labour potrebbe offrire loro un rapporto simile a quello che ha successo nel centrodestra in Germania tra Unione democristiana e Unione cristiano-sociale, la seconda delle quali è circoscritta alla Baviera. Potrebbe cercare di accogliere i Verdi, che si sono assicurati un solo seggio, ma hanno visto lievitare i loro voti; i nazionalisti gallesi, che hanno conquistato tre seggi e ottenuto maggiori consensi; l’Alleanza e i socialdemocratici dell’Irlanda del Nord, che hanno quattro seggi.
Si fa presto a tirare le somme di questa strategia: la disuguaglianza continuerà a espandersi; la ripresa economica, relativamente forte nel Regno Unito, non proseguirà; i timori nei confronti dei danni all’ambiente si accresceranno; la rivendicazione di una società più equa diventerà più generale e più diffusa. Si arriverebbe così a una posizione quanto mai antitetica a quella di Blair-Renzi, che accetta il sistema economico così com’è, che crede che il sistema di mercato soddisfi al meglio le esigenze delle masse, e che cerca di moderarne gli eccessi e di garantire un finanziamento adeguato dei servizi sociali, dell’istruzione e della sanità.
Ed Miliband ha fallito, in parte, perché non è riuscito a fare di una strategia simile a questa il suo principio guida. Il suo successore dovrà decidere quale di queste alternative scegliere e, una volta scelta, dovrà perseguirla con risolutezza, seriamente, dimostrandosi disposto a convivere con qualche battuta d’arresto fino ad arrivare alla svolta risolutiva”.
In poche righe, Cristina Marconi traccia sul Messaggero una analisi chiara:

La middle class inglese ha preferito l’incertezza del referendum sull’Unione europea alla certezza della tassa sulle case di lusso e al blocco degli affitti. E ha bocciato in sostanza le ricette economiche della sinistra in un momento in cui i conservatori predicavano continuità e competitività e lo Scottish National Party si attestava come il partito più attento al sociale e più vigoroso nella lotta all’austerità.

[Sono state rifiutate] le misure economiche che, secondo la maggior parte degli osservatori, hanno portato il Labour alla disfatta: un aumento delle aliquote per i redditi più alti, l’aumento della tassazione per una parte considerevole del mercato immobiliare londinese e l’abolizione del regime fiscale dei “non-dom”, ovvero di chi ha la residenza in Uk e non è tenuto a dichiarare le entrate legate ad interessi esteri. Oltre al congelamento delle tariffe energetiche e altre misure dal sapore dirigistico che hanno confermato presso parte dell’elettorato l’immagine di un Labour poco al passo coi tempi e troppo ideologico”.

Prova a dare la scaletta della riscossa Tony Blair, il leader del partito che è stato primo ministro per 10 anni, vincendo con una linea di centro, prima di essere estromesso dal collega Gordon Brown, che con la sua linea di sinistra sinistra ha subito portato i conservatori al governo.
In un articolo pubblicato dal settimanale Observer e in Italia da Repubblica, Tony Blair ha individuato “tre fattori” senza i quali il Labour resta all’opposizione:
1. la strada verso la vetta parte dal centro. Il Labour deve avere a cuore ambizione e aspirazioni, ma anche compassione e dedizione. “Le famiglie che lavorano sodo” vogliono sapere che col loro duro lavoro e i loro sforzi potranno avere buoni risultati, elevarsi, raggiungere il successo. Vogliono stare meglio economicamente e devono sapere che noi li sosteniamo in questa impresa.
Dobbiamo rivolgerci a chi dirige le imprese e anche a chi vi lavora; convincere la gente che amministreremo bene e in modo produttivo l’economia e ciò deve includere una difesa del nostro operato in campo economico quando eravamo al governo, in modo da descrivere esattamente l’impatto della crisi finanziaria globale del 2008, ma ammettere anche dove avremmo potuto fare meglio.
Dobbiamo introdurre e guidare il grande dibattito sulle potenzialità della macroeconomia nel creare ricchezza.
Se non saremo noi i riformatori dei servizi pubblici e del welfare state, i Tory ne saranno i demolitori.
Il centro è uno stato mentale quanto un insieme di politiche. Scegliere il centro implica il fatto di riconoscere che nel mondo odierno molte soluzioni trascendono i confini tradizionali tra sinistra e destra.
2. il centro non è il luogo in cui si evidenzia la spaccatura tra politica progressista e conservatrice. È invece il luogo nel quale la politica progressista abbraccia l’ampiezza del territorio per consentirgli di guardare al futuro. Il progetto laburista deve essere sempre proiettato al futuro. Vinciamo quando capiamo come sta evolvendo il mondo e quando comprendiamo in che modo questi cambiamenti possono essere plasmati per il bene della popolazione. Dobbiamo essere innovatori della politica.
3. le buone idee falliscono se organizzazione e strategia sono mediocri. Dobbiamo perciò riflettere su come si costruisce un partito, com’è organizzato, gestito e come prende decisioni. Mi riferisco a come dar vita a un nuovo elettorato che ci sostenga, a come ci apriamo a gente nuova ed energie nuove.
L’analisi di Tony Blair coincide con quanto detto, a botta calda, da Lord Mandelson a Fabio Cavalera del Corriere della Sera. Lord  Mandelson è stato conTony Blair è stato l’architetto del New Labour che ha garantito il Governo al suo partito dal 1997 al 2008. Ha detto:

“La gente ha bisogno di vedere programmi credibili e competenze economiche per attuarli. Si è perso troppo tempo, sconfinando in inutili populismi di sinistra. Alla fine si paga. Si è archiviata troppo in fretta la stagione del New Labour e ci si è persi nella demagogia. L’elettore vuole concretezza, idee. Che sono mancate. I leader laburisti attuali si presentano come post New Labour ma non si fanno risucchiare dalle logiche delle nazionalizzazioni, degli eccessi di spesa e di tasse. Persino i conservatori, a partire da David Cameron, amano presentare i centristi tory come “orfani” di Tony Blair. L’eredità del New Labour è forte. Forse gli unici a non capirla bene sono stati i laburisti che sono rimasti a metà fra ciò che consideravano superato e un nuovo che non è mai arrivato».

La Scozia è un caso a parte, quasi di segno opposto rispetto all’Inghilterra

“Gli scozzesi pensano in termini di identità e cultura nazionale, di sogni scozzesi anziché britannici. I laburisti sono stati avvertiti come un partito unionista perciò penalizzati. Gli scozzesi ritengono che i laburisti difendano gli interessi inglesi e non scozzesi. E lo Scottish National Party ha offerto un’ alternativa”.

La conferma viene da Hanif Kureishi, scrittore, drammaturgo e sceneggiatore inglese di origine pachistana, autore del film My beatiful laundrette e del romanzo Il Budda delle periferie, che ha parlato con Enrico Franceschini di Repubblica:

“Con la vittoria di Cameron ha prevalso lo spirito di un capitalismo che mira a restringere lo Stato, anziché difenderlo o ampliarlo, un capitalismo che continuerà a privatizzare, a dare il potere alle corporation, a inchinarsi a un editore come Rupert Murdoch. Avremo un Paese sempre più diviso in ricchi e poveri, ma forse ciò è quello che voleva la maggior parte della gente, anzi sicuramente è quello che la gente voleva, poiché Cameron ha vinto nettamente”.
Franceschini fa la domanda chiave: c’è anche una responsabilità del partito laburista?
“Forse sì, molti ora dicono che in Gran Bretagna puoi vincere le elezioni solo conquistando il centro dell’elettorato, come fece Blair, ma il centro si è spostato più a destra in questi anni. Cosa fare? Francamente è un dilemma difficile da risolvere. Se si sposta al centro, di nuovo sulle posizioni di Blair, il Partito Laborista dovrà rinunciare sempre di più ai propri ideali e programmi. Ma se si sposta a sinistra, o rimane su posizioni comunque più di sinistra, a quanto pare è condannato a perdere un’elezione dopo l’altra.
Gli inglesi di oggi sono profondamente diversi da trent’anni fa. La nostra classe operaia, il nostro proletariato, non è più orgoglioso di sentirsi classe operaia e proletariato, anzi vive queste etichette quasi come un’onta. Ha aspirazioni di elevazione sociale, di arricchirsi, di sentirsi come minimo classe media. La Thatcher capì questa aspirazione, provò a rispondervi privatizzando, esortando la gente a fare soldi, premiando l’individualismo. Blair ha continuato sulla stessa onda, e anche lui ha saputo connettersi con questa nuova classe sociale, che ricca non è, magari non è nemmeno classe media, ma aspira a sentirsi tale. E Blair ci riuscì perché non era neanche lui un vero laburista, non sentiva personalmente alcun legame con la classe operaia e il proletariato: preferiva di gran lunga la compagnia dei ricchi, come abbiamo visto dalle sue amicizie”.
Poi viene la Scozia:
“La Scozia non ha mai goduto i frutti del capitalismo inglese. Ne è stata tenuta storicamente ai margini, sfruttata e anche snobbata dai leader di Londra, certamente dai leader conservatori. E questo ha finito per radicalizzarla, per plasmare in modo differente le aspirazioni dei suoi cittadini, che sono per la maggior parte effettivamente più di sinistra che gli inglesi, più attaccati all’idea dello Stato, del welfare, della solidarietà sociale”.