Germania. Prostitute, inferno nei bordelli legali, sfruttatori in paradiso

di Francesca Cavaliere
Pubblicato il 24 Giugno 2013 - 03:57| Aggiornato il 12 Marzo 2015 OLTRE 6 MESI FA
Germania. Prostitute, inferno nei bordelli legali, sfruttatori in paradiso

L home page del sito del King George Bordell

BERLINO – La Germania, considerata oggi il più grande mercato della prostituzione dell’ Unione Europea, poco più di un decennio fa ha legalizzato quello che è comunemente detto ”il mestiere più antico del mondo”.

L’obiettivo della legge: difendere le prostitute dallo sfruttamento, dare loro tutela legale e “metterle in regola”, con i conseguenti diritti e doveri, tra cui il dovere di pagare le tasse.

Il risultato: bordelli legali e a tariffe forfettarie e tutto compreso, donne che lavorano in condizioni economiche sempre più svantaggiate, impiegate a ritmi estenuanti e costrette a ogni tipo di prestazione sessuale, traffico di esseri umani in aumento, grande affluenza di donne dall’estero, soprattutto dall’Est europeo, mentre, nonostante tutto, la prostituzione di strada è sempre presente.

Queste le conclusioni tratte dalla lunga inchiesta pubblicata dal settimanale tedesco Spiegel, un vero e proprio viaggio nella Germania a luci rosse.

“Il sesso con tutte le donne per il tempo che vuoi, tutte le volte che vuoi e come vuoi. Sesso. Sesso anale. Sesso orale senza preservativo. Tre modi. Sesso di gruppo. Gang Bang (una sola persona è oggetto di attenzione da parte di molti)”. Il prezzo: 70 euro di giorno e 100 euro di sera.

Quando, nel 2009, il bordello Pussy Club ha aperto vicino a Stoccarda, questa era la sua pubblicità. Secondo la polizia sono stati circa 1.700 i clienti che hanno approfittato dell’offerta nel fine settimana di apertura. Gli autobus sono arrivati da lontano e i giornali locali hanno riferito che in coda, fuori dal bordello, c’erano circa 700 uomini.

In seguito, i clienti avrebbero scritto in chat di un servizio presumibilmente insoddisfacente, lamentando che le donne, già dopo poche ore, non erano più “adatte a un uso prolungato”.

Il bordello King George di Berlino, passato alle tariffe forfettarie, considerato metodo utile per combattere la crisi, utilizza lo slogan “Geiz macht Geil” che, tradotto liberamente dal tedesco, suona come “Essere a buon mercato ti fa eccitato”. Per 99 euro, i clienti possono godere di sesso e bevande fino alla chiusura dello stabilimento. Il sesso anale, il sesso orale non protetto e baciare-con-lingua sono extra. Gli extra costano dai 10 ai 20 euro. Il King George offre un “gang-bang party” il lunedì, il mercoledì e il venerdì.

Le agenzie di viaggio organizzano bus turistici e offrono tour anche di otto giorni che hanno come meta i bordelli tedeschi, molti a prezzo forfettario.

Le escursioni sono “legali” e “sicure”, scrive un fornitore sulla sua homepage per rassicurare i potenziali clienti a cui vengono promesse fino a 100 “donne completamente nude” con indosso nient’altro che i tacchi. Alcuni clienti sono stati persino prelevati all’aeroporto e portati ai club in una Bmw Serie 5.

La legge sulla prostituzione è stata approvata nel 2001 dal Parlamento tedesco, il Bundestag, con i voti del Partito Socialdemocratico e dei Verdi, la coalizione di governo al potere al momento. L’intento era di migliorare le condizioni di lavoro delle prostitute: le donne avrebbero potuto ricorrere alla legge per difendere i loro salari e avrebbero potuto contribuire a programmi di assicurazione sanitaria, di disoccupazione e di pensionamento, in sostanza avrebbero pagato le tasse. Si voleva che la prostituzione diventasse una professione come quella di cassiere di banca o di assistente dentista, accettata invece che ostracizzata.

E’ l’immagine di una “prostituta emancipata”: libera di fare come vuole, coperta dal sistema di assicurazione sociale, facendo il lavoro che la diverte e in possesso di un conto presso la banca di risparmio locale.

A quanto riporta Spiegel, sembra però che la legge non abbia funzionato e che i propositi dei suoi promotori, che speravano che “le lavoratrici del sesso” sarebbero riuscite ad emergere dai margini della società e avere protezione giuridica, siano stati disattesi: negli ultimi anni le condizioni delle prostitute sembrano essere peggiorate, i protettori sarebbero potenti come sempre e il traffico di esseri umani ancora un flagello.

Ma chi sono “i lavoratori del sesso” che operano in questo contesto? Un grande numero di giovani donne arrivano in Germania dalla Romania e dalla Bulgaria, preferite alle donne tedesche considerate “molto pretenziose”, come dice il gestore del King George nell’intervista pubblicata dal sito dello stesso bordello.

La maggior parte delle donne che arrivano in Germania per diventare prostitute non vengono rapite per strada –  riporta lo Spiegel – e la maggior parte non crede certo che andrà a lavorare in una panetteria tedesca. Più comunemente, sono donne che si innamorano di un uomo e lo seguono in Germania dove lui stesso le avvia alla prostituzione o le consegna ai bordelli, o donne con la consapevolezza che stanno per diventare prostitute. Spesso però non sanno quanto può andare male e ignorano che difficilmente saranno in grado di trattenere qualcosa dei soldi che guadagnano.

Sono ragazze come Sina, che aveva solo 16 anni quando l’uomo di cui si era innamorata, ottenuto il permesso dei genitori di lei in quanto minorenne, la portò in Germania con il miraggio di un lavoro, ma la consegnò al “No Limit”, un bordello forfettario dove avrebbe servito più di 30 clienti al giorno e dove sarebbe stata pagata solo occasionalmente e con qualche centinaio di euro.

Sono donne come Alina, arrivata in Germania per lavorare come prostituta perché, pensava, avrebbe almeno avuto una stanza tutta per sé e non troppi clienti. Si è invece trovata a condividere un letto in una camera senza mobili con altre tre donne e a vivere sotto chiave.

Della Germania Alina ha visto solo il distributore Esso dietro l’angolo, dove le veniva permesso di andare a comprare sigarette e snack, ma solo in compagnia di una guardia. Il resto del tempo, dice la stessa donna, veniva tenuta rinchiusa nel club ed era costretta a pagare i protettori 800 euro a settimana, e come lei le altre donne dello stesso bordello.

Alina proveniva da Sânandrei, un povero villaggio della Romania, fatto di case fatiscenti e sentieri fangosi, dove la disoccupazione giovanile arriva all’80 per cento. Suo padre abusava di lei e ne picchiava la madre: qualsiasi altro luogo le doveva apparire meglio di casa sua.

Sina proveniva da Corhana, un villaggio rumeno vicino al confine con la Repubblica di Moldova, dove la maggior parte delle case sono senza acqua corrente e le ragazze sono solite andare a prendere l’acqua dal pozzo ogni giorno. Quando l’uomo che la portò a fare la prostituta arrivò al villaggio di Sina con la sua grande Bmw per lei fu amore a prima vista.

“Ci sono molte donne provenienti da paesi dell’Unione Europea – quelle che provengono dall’estero vanno dal 65 all’80 per cento, la maggior parte dalla Romania e dalla Bulgaria – la cui situazione suggerisce che sono vittime del traffico di esseri umani, ma è difficile fornire la prova che potrebbe reggere in tribunale”, si legge nella relazione del BKA (Bundeskriminalamt), l’ufficio federale della polizia criminale tedesca.

“Tutto dipende dalla testimonianza delle donne, – scrivono gli autori – ma c’è poca disponibilità a collaborare con le agenzie di polizia e di assistenza, in particolare nel caso delle presunte vittime provenienti da Romania e Bulgaria. E quando le donne hanno il coraggio di dire qualcosa, le loro dichiarazioni sono spesso ritirate”.

Forse perché, come testimonia Alina “Gli sfruttatori si vantavano di conoscere gli agenti di polizia e sapevano quando ci sarebbe stato un raid”, o perché temono di essere perseguitate dopo le loro testimonianze.

“Gli sfruttatori dicevano alle ragazze esattamente cosa raccontare alla polizia in caso di incursione. Dovevano dire che mentre navigavano in internet da casa, in Bulgaria o in Romania, avevano scoperto che era possibile guadagnare bene lavorando in un bordello tedesco. Poi avevano semplicemente comprato un biglietto d’autobus e un giorno erano approdate al club, tutto da sole”.

Lo scopo della finzione sarebbe quello di coprire tutti gli indizi del traffico di esseri umani nel cui contesto le donne sono portate in Germania ed ivi sfruttate. Sono dichiarazioni che trasformano le donne come Alina in prostitute autonome, imprenditrici che hanno scelto la loro professione liberamente e alle quali la Germania intende ora offrire buone condizioni di lavoro nel settore sessuale del terziario

I sociologici hanno coniato per loro l’espressione “lavoratori migranti del sesso” per intendere ambiziosi fornitori di servizi che approfittano delle opportunità che ora godono in una Europa sempre più unita.

Le condizioni reali sono altre, come si capisce dal racconto di Alina.

Al suo arrivo al bordello vicino all’aeroporto di Schönefeld, a Berlino, specializzato in sesso forfettario, le è stato detto di consegnare i suoi vestiti e in sostituzione le è stata data da indossare lingerie velata. Solo poche ore dopo le toccò ricevere i suoi primi clienti. Quando non era abbastanza gentile con i clienti, i romeni le riducevano il salario. Gli uomini non sempre usavano il preservativo. “Non mi era permesso di dire di no a nulla”, racconta Alina. Durante le mestruazioni, lei doveva mettere delle spugne in vagina perché i clienti non notassero che aveva il ciclo.

I clienti pagavano la quota all’ ingresso. Molti prendevano farmaci per migliorare le prestazioni sessuali e potevano fare sesso tutta la notte. Fuori dalla stanza di Alina c’era spesso la coda. A un certo punto smise di contare quanti uomini erano entrati nel suo letto. “Ho rimosso,” dice. “Erano così tanti, ogni giorno”.

Alina racconta di non essere stata quasi mai picchiata, neanche le altre donne. Riferendosi agli sfruttatori: “Loro dicevano che in Romania conoscevano parecchie persone che sapevano dove vivevano le nostre famiglie. Ciò è stato sufficiente”. Quando Alina ogni tanto telefonava a sua madre, doveva mentire e dirle quanto era bello in Germania. Un protettore una volta pagò Alina 600 euro e lei riuscì a mandare i soldi alla sua famiglia.

La storia di Alina non è inusuale in Germania. Le organizzazioni umanitarie e gli esperti stimano che ci sono fino a 200.000 prostitute che lavorano nel Paese. Secondo vari studi, tra cui uno condotto dalla TAMPEP, la rete europea che si occupa della prevenzione dell’HIV e delle malattie sessualmente trasmissibili e della promozione della salute tra i lavoratori migranti del sesso, la maggior parte delle prostitute proviene dalla Romania e dalla Bulgaria.

Da un punto di vista strettamente statistico la Germania non ha quasi nessun problema con la prostituzione e con il traffico di esseri umani. Come riporta lo Spiegel, secondo il BKA, nel 2011 ci sono stati 636 casi di “tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale”, almeno un terzo di meno rispetto a 10 anni fa. Tredici delle vittime erano sotto i 14 anni e le altre 77 avevano meno di 18 anni.

Molti agenti di polizia, organizzazioni di donne e personaggi politici che hanno familiarità con la prostituzione sono convinti che quella legge dalle buone intenzioni si sia tradotta in poco più di un programma di sostegno ai protettori di prostitute che rende il mercato più attraente per i trafficanti di esseri umani. In un sondaggio condotto dai servizi sindacali uniti Ver.di (Vereinte Dienstleistungs-gewerkschaft) un operatore di bordello ha detto che ha apprezzato la legge sulla prostituzione perché ha ridotto il rischio di retate. “In realtà – ha detto – la legge è stata più vantaggiosa per gli operatori di bordello che per le prostitute”.

Prima della nuova legge la prostituzione in sé non era punita, ma era considerata immorale. Le autorità tolleravano i bordelli, eufemisticamente riferendosi a loro come “affittacamere commerciali”. Oggi, secondo le stime della UEGD (Erotik Gewerbe Deutschland), la Confederazione dell’industria erotica tedesca, dopo poco più di 11 anni da quando la prostituzione è stata aggiornata dalla legge del 2001, in Germania ci sono tra le 3.000 e le 3.500 strutture a luci rosse. I servizi sindacali uniti stimano che la prostituzione produca circa 14,5 miliardi di euro di fatturato annuo.

Quando la legge sulla prostituzione è stata promulgata, il codice civile tedesco è stato modificato. La frase “incitamento alla prostituzione”, un reato penale, è stata sostituita con “valorizzazione della prostituzione”. L’incitamento è un reato punibile quando si tratta di “sfruttamento” o quando è “dirigista”. Un protettore può essere considerato sfruttatore, per esempio, se raccoglie più della metà dei guadagni di una prostituta, cosa che è raramente possibile dimostrare. La polizia e i pubblici ministeri possono fare ben poco perché queste ipotesi di reato sono molto difficili da provare, difatti le condanne per incitamento alla prostituzione sono diminuite in poco più di dieci anni: nel 2000 sono state condannate 151 persone, mentre nel 2011 sono state solo 32.

Gli agenti delle forze dell’ordine tedesche che operano in quartieri a luci rosse si lamentano che ormai difficilmente possono ottenere l’accesso ai bordelli. La Germania è diventata un “centro per lo sfruttamento sessuale di giovani donne provenienti dall’Europa dell’Est oltre che una sfera di attività per gruppi di criminalità organizzata di tutto il mondo”, afferma Manfred Paulus, un capo detective in pensione della città tedesca di Ulm che mette in guardia le donne della Bulgaria e della Bielorussia dall’essere attirate in Germania.

Il capo della polizia di Monaco Wilhelm Schmidbauer deplora la “crescita esplosiva del traffico di esseri umani dalla Romania e dalla Bulgaria”, ma aggiunge che gli manca l’accesso agli strumenti necessari per indagare. Spesso gli viene vietato l’utilizzo delle intercettazioni telefoniche. Il risultato, dice Schmidbauer, “è che non abbiamo praticamente nessun caso di traffico di esseri umani. Non possiamo provare nulla”.

La legge non sembra quindi che abbia migliorato la situazione di donne come Sina, come Alina o come tante altre che fanno le prostitute. Cinque anni dopo la sua introduzione, il Ministero per la Famiglia ha valutato in una relazione ciò che la nuova normativa aveva raggiunto. Gli obiettivi sono stati “raggiunti solo in parte”, e la deregolamentazione “non ha portato alcun miglioramento effettivo misurabile nella copertura sociale delle prostitute”. Ne’ le condizioni di lavoro, ne’ la capacità di uscire dalla professione erano migliorate. Infine, nella relazione si annotava che fino ad allora non c’era alcuna prova solida che la legge avesse ridotto la criminalità.

I servizi sindacali Ver.di avevano sviluppato un esempio di contratto di lavoro nel campo dei servizi sessuali, ma non sembra che esso abbia avuto effetti apprezzabili. Infatti, secondo lo Spiegel, sarebbe stato a malapena uno il caso riguardante una prostituta che aveva fatto una citazione in giudizio per il suo salario e solo l’1 per cento delle donne intervistate avrebbe dichiarato di aver firmato un contratto di lavoro come prostituta. Sembra inoltre che manchino le basi per qualsiasi risultato, visto che le prostitute generalmente evitano la registrazione presso le autorità. Ad Amburgo, con il suo famoso quartiere a luci rosse Reeperbahn, solo 153 donne si sono registrate presso l’ufficio fiscale della città e sono in regola con le normative.

A parere di Andrea Weppert, un’assistente sociale di Norimberga, in vent’anni di lavoro con le prostitute, che in questo arco di tempo sarebbero aumentate fino a triplicarsi, il business è diventato più difficile: più della metà delle donne non ha residenza permanente, ma invece viaggia da un luogo all’altro, in modo da trarre profitto dal fatto di essere nuove in una certa città.

“Oggi un’alta percentuale di prostitute non va a casa dopo il lavoro, ma rimane al proprio posto di lavoro tutto il tempo”, ha scritto una ex prostituta sotto lo pseudonimo di Doris Winter in un contributo alla serie accademica “La Legge sulla prostituzione.” “Le donne di solito vivono nelle stanze in cui lavorano”, ha aggiunto.

A Norimberga, stanze del genere costano tra i 50 e gli 80 euro al giorno, dice la Weppert, e il prezzo può arrivare fino a 160 euro in bordelli con molti clienti. Nel complesso, in Germania le condizioni di lavoro per le prostitute sono “peggiorate negli ultimi anni”. “I servizi sono forniti in maniera significativamente maggiore, ma in condizioni rischiose e per meno soldi di 10 anni fa”.

Nonostante il peggioramento delle condizioni, le donne stanno affollando la Germania, un fatto che anche i proprietari di bordelli confermano. Holger Rettig del UEGD dice che l’afflusso di donne provenienti dalla Romania e dalla Bulgaria è aumentato notevolmente da quando i due paesi hanno aderito all’UE e che ciò ha portato ad un calo dei prezzi.

Ad esempio, sulla Geestemünder Strasse di Colonia, dove lavorano le prostitute tossicodipendenti, la tariffa per il sesso orale e il rapporto sessuale è di solito 40 euro, ma, come lamenta Alia che si prostituisce su quella strada: “Ci sono sempre più donne oggi, e abbassano i loro prezzi pur di realizzare qualcosa. Alcune donne bulgare e rumene a volte si fanno pagare meno di 10 euro. Una donna qui lo fa anche per un Big Mac”.

Alla domanda se la legge tedesca sulla prostituzione abbia favorito la prostituzione e, con essa, il traffico di esseri umani ha cercato di rispondere Axel Dreher, professore di sviluppo e politica internazionale presso l’Università di Heidelberg.

Dreher, utilizzando i dati di 150 Paesi, anche se, come in tutte le statistiche relative alla tratta e alla prostituzione, i numeri non potevano essere considerati precisi, ha comunque identificato un trend: dove la prostituzione è legale, vi è più traffico di esseri umani che altrove.

Uno studio dell’Istituto Max Planck per il diritto penale straniero e internazionale ha concluso che i dati ufficiali sul traffico di esseri umani dicono “poco circa l’effettiva portata del reato”.

Secondo un rapporto sul traffico di esseri umani recentemente presentato dal commissario europeo per gli Affari interni Cecilia Malmström, nell’Unione europea ci sono più di 23.600 vittime e due terzi di loro sono sfruttate sessualmente. La Malmström, dalla Svezia, vede segni indicanti che le bande criminali stanno ampliando i loro interventi. Tuttavia, dice che il numero delle condanne è in declino, perché la polizia è sopraffatta dagli impegni nello sforzo per combattere il traffico.

I promotori della legalizzazione sostengono che tutti hanno il diritto di impegnarsi in qualsivoglia professione lui o lei scelga. Alcune femministe addirittura elogiano le prostitute per la loro emancipazione, perché, dicono, le donne dovrebbero essere in grado di fare ciò che vogliono con i loro corpi.

Tuttavia, nella pratica è evidente che i confini tra prostituzione volontaria e prostituzione forzata sono abbastanza indistinti. Donne come Alina e Sina sono diventate prostitute volontariamente e hanno preso decisioni autonome?

“In Germania è considerato politicamente corretto rispettare le decisioni delle singole donne, – dice la giurista Rahel Gugel, professoressa di diritto nel lavoro sociale presso il Baden-Württemberg Cooperative State University, che ha scritto la sua tesi sulla legge sulla prostituzione e ha lavorato per un’organizzazione umanitaria – ma se si desidera proteggere le donne, questo non è il modo per farlo”.

Secondo la Gugel, molte donne sono in situazioni emotive o economiche difficili. Le indagini hanno stato dimostrato che un numero superiore alla media di prostitute da bambine hanno subito abusi o sono state abbandonate e che molte possono essere considerate traumatizzate. Le prostitute soffrono di depressione, disturbi d’ansia e tossicodipendenza a un tasso molto più elevato della popolazione in genere. La maggior parte delle prostitute sono state violentate, molte di loro ripetutamente. Nei sondaggi, la maggior parte delle donne dice che uscirebbe dalla prostituzione immediatamente se potesse.

Naturalmente, ci sono anche quelle donne che decidono che preferiscono vendere i loro corpi piuttosto che riempire di merce gli scaffali dei supermercati. Ma ci sono tutte le indicazioni che dicono si tratti di una minoranza, benché essa sia verbalmente rappresentata da alcuni proprietari di bordelli femminili e lobbisti della prostituzione quali Felicitas Schirow, che per molti anni ha lavorato come prostituta e ora è proprietaria del bordello berlinese Café Psst.

La legge tedesca ha un approccio fondamentalmente errato, dice la professoressa di diritto Gugel. Per proteggere le donne, spiega, la prostituzione deve essere limitata e i clienti puniti.

La sua è però una voce solitaria in Germania, diversamente da quanto accade per esempio in Svezia, Norvegia, Finlandia, Islanda e Francia che se dapprima avevano seguito un percorso simile a quella della Germania ora se ne stanno allontanando per seguire l’esempio degli svedesi.

La Svezia, due anni prima che la Germania approvasse la sua legge sulla prostituzione, ha assunto un orientamento opposto.

La Svezia punisce i clienti, i protettori e i trafficanti di esseri umani, non le prostitute. Questo approccio ha lo scopo di soffocare la domanda di sesso a pagamento e fare in modo che il business non sia più redditizio e perciò meno appetibile per trafficanti e sfruttatori. In Svezia questa legge è tuttora oggetto di dibattiti, ci si interroga se essa abbia l’approccio giusto, tuttavia attualmente gode di un notevole sostegno tra la popolazione: a dieci anni dalla sua entrata in vigore oltre il 70 per cento degli svedesi ha detto di essere d’accordo a punire gli uomini che pagano per il sesso piuttosto che le prostitute che loro pagano.

La legge svedese non si basa sul diritto della prostituta di prendere decisioni autonome, ma sulla condizione di parità tra uomini e donne, sancita nella costituzione svedese come anche in quella tedesca. L’argomentazione, in termini molto semplificati, è che la prostituzione è sfruttamento e che c’è sempre uno squilibrio di poteri. Il fatto che gli uomini possano comprare le donne per fare sesso, sostengono gli svedesi, cementa una percezione della donna che è pregiudizievole per la parità dei diritti e di tutte le donne.

Secondo Pierrette Pape, portavoce della EWL (European Women’s Lobby), la Lobby europea delle donne a Bruxelles, il modo in cui la prostituzione è vista nei vari Paesi produce effetti con conseguenze a lungo termine. “Oggi in Svezia un ragazzino cresce in una realtà in cui l’acquisto di sesso è un crimine. Un ragazzino in Olanda cresce con la consapevolezza che le donne sono in vetrina e possono essere ordinate come merce prodotta in serie.”. La EWL è un gruppo di coordinamento per le 2.000 organizzazioni femminili europee.

Diversi paesi europei ora seguono il modello svedese.

In Islanda, che ha adottato una legislazione simile, i politici stanno anche prendendo in considerazione il divieto della pornografia online. Dal 2009 anche la Norvegia punisce i clienti delle prostitute.

A Barcellona è illegale utilizzare i servizi di una prostituta di strada.

In Finlandia una legge emanata nel 2006 può punire gli uomini che sono i clienti di una prostituta che lavora per un protettore o è vittima della tratta di esseri umani. Si è però rivelato impossibile provare che gli uomini sapevano che questo era il caso e ora il Ministero della Giustizia finlandese sta preparando una relazione sulla opportunità di adottare il modello svedese.

Anche in Francia molti vogliono emulare la Svezia.

Poco prima di assumere l’incarico nel maggio 2012, il ministro dei Diritti delle Donne e portavoce del governo francese, Najat Vallaud-Belkacem, ha fatto un annuncio coraggioso.

“Il mio obiettivo è quello di vedere sparire la prostituzione,” ha detto. I politici e sociologi hanno deriso l’idea considerandola “utopica” e le prostitute hanno protestato per le strade di Lione e Parigi.

E in Germania? I politici di Berlino discutono su minime modifiche alla legge sulla prostituzione, ma poi finiscono per non fare nulla.

Nel 2007, l’allora ministro della famiglia Ursula von der Leyen, membro dell’Unione cristiano democratica (CDU) della cancelliera Angela Merkel, voleva rendere i bordelli soggetti all’approvazione del governo. Il ministro degli Interni dello Stato del Saarland dell’epoca, Annegret Kramp-Karrenbauer, anch’essa membro del CDU, l’ha sostenuta. I due politici donna non sono però riuscite a ottenere la maggioranza all’interno del loro partito e non è quindi cambiato nulla.

I Paesi Bassi hanno scelto la strada della deregolamentazione legale due anni prima della Germania. Sia il ministro olandese della giustizia che la polizia ammettono che da allora non ci sono stati miglioramenti tangibili per le prostitute: sono generalmente meno in salute di prima e un numero crescente è dipendente da droghe. La polizia stima che le prostitute che non praticano la professione volontariamente vanno dal 50 al 90 per cento.

ll politico olandese socialdemocratico Lodewijk Asscher definisce la legalizzazione della prostituzione “un errore interno”, mentre il governo progetta di mettere restrizioni alla legge per combattere l’aumento della tratta di esseri umani e la prostituzione forzata.

Il partito dei Verdi tedeschi, che ha giocato un ruolo determinante sostenendo la legge sulla prostituzione di 12 anni fa, non ha essenzialmente cambiato la sua posizione.

Un portavoce di Kerstin Müller, leader parlamentare dei Verdi, dice che attualmente la sua attenzione è concentrata su altre questioni. Irmingard Schewe-Gerigk, anche lei una leader dei Verdi al momento dell’approvazione della legge, dice: “La legge era buona, è solo che avremmo dovuto implementarla nei dettagli”.

Il verde Volker Beck, il terzo pioniere della nuova legge tedesca sulla prostituzione, continua a sostenerla ancora oggi. Beck, anche se promuove nuovi programmi di assistenza e programmi di uscita per le prostitute, dice che la Svezia non può essere un modello per la Germania.

“Un divieto non migliora nulla, perché la prostituzione poi ci sarà solo nei posti che sono difficili da controllare”, dice. E aggiunge: “Bande criminali si faranno carico del business”, dando per scontato che tutti quelli che oggi se ne occupano siano onesti imprenditori.

Tra i Verdi, l’unica voce più incisiva sembra essere quella di Thekla Walker che nel corso del congresso di partito di aprile di quest’anno ha introdotto una mozione. “La prostituta autonoma che avevamo in mente, quando la legge sulla prostituzione è stata emanata nel 2001, che negozia col suo cliente ad armi pari ed è in grado di sostenersi con il suo reddito, è l’eccezione. Le leggi attuali non proteggono le donne dallo sfruttamento, ma concede loro “soltanto la libertà di lasciarsi sfruttare.” I Verdi, ha scritto la Walker, non possono chiudere un occhio sul “vivere catastrofico e le condizioni di lavoro di molte prostitute.”

In Germania, quelli che sono contro la legalizzazione sono considerati “pudici e moralisti”, dice la professoressa Gugel. Aggiunge inoltre di avere la sensazione “che i politici non siano molto interessati all’argomento.”

Il ministro della Famiglia Kristina Schröder, però, ha deciso nei fatti di reprimere il traffico di esseri umani e la prostituzione forzata. “Nonostante gli sforzi molto intensi, non è stato possibile raggiungere l’unanimità tra i quattro ministeri coinvolti,” ha detto il Ministero di Schröder in una dichiarazione. Il suo desiderio di regolare maggiormente i bordelli è fallito di fronte all’opposizione del ministro della Giustizia Sabine Leutheusser-Schnarrenberger.

La Schnarrenberger ritiene infatti che la riforma della legge sia inutile e ripete le vecchie argomentazioni, e cioè che la legge tedesca porta le donne fuori dall’illegalità mentre la legge svedese le costringe all’oscurità.

Sembra quindi che i politici di Berlino non sentono alcuna pressione significativa per fare qualcosa, nonostante il commissario europeo per gli Affari interni Cecilia Malmström abbia sollecitato la Germania a fare di più per il problema,. Questo in parte perché- commenta lo Spiegel- nel dibattito sulla prostituzione, ha più peso una posizione ideologicamente corretta che una realtà deplorevole.

Per esempio, quando un anno fa all’Università di Scienze Applicate di Amburgo si è tenuta una conferenza sulla prostituzione in Germania, uno dei partecipanti avrebbe detto che la prostituzione “come commercio sessuale riconosciuto, sta subendo un processo di emancipazione e di professionalizzazione”. Affermazioni che secondo la Gugel sarebbero assurde e non avrebbero nulla a che fare con la realtà.

Il governo vuole prostitute in regola e che pagano le tasse. In cambio di ciò, non deve stabilire delle regole per la professione?

Lo strano ruolo che il governo assume nel mercato del sesso è in evidenza tra le prostitute di strada a Bonn. Ogni sera, le prostitute che battono il marciapiede devono prendere un biglietto fiscale da una macchinetta erogatrice valido fino alle sei del giorno successivo. Il biglietto costa 6 euro.

E in Italia? Le cosiddette “case chiuse” sono state eliminate dalla legge Merlin nel 1958, ma con esse non è stata eliminata la prostituzione, che sia di strada o tra private mura. Mentre è punito il reato di sfruttamento o di favoreggiamento o induzione, ci si può prostituire liberamente: gli introiti che ne derivano sono però tassabili, come recita una sentenza della Cassazione del 2011 che ha condannato una ballerina di night club al pagamento delle tasse sul reddito non dichiarato e prodotto attraverso prestazioni sessuali. Pochi giorni fa si è riaperta la discussione se sia giusto o meno che le prostitute paghino le tasse, e c’è chi ipotizza l’apertura di partita IVA.