“Lettera-confessione di Mills non vale contro Berlusconi, sarebbe stato assolto”

Pubblicato il 15 Maggio 2012 - 10:47 OLTRE 6 MESI FA

Silvio Berlusconi (LaPresse)

MILANO – Se il processo Mills a carico di Silvio Berlusconi è caduto in prescrizione è anche “colpa” dei giudici del 2008 del processo a Mills “presieduti dalla dott.sa Gandus”, che all’entrata in vigore della legge Alfano (poi incostituzionale) separarono il processo a Mills da quello a Berlusconi. E comunque, anche se il processo fosse andato avanti, è molto probabile che Berlusconi sarebbe stato assolto seppur per insufficienza di prove, in quanto la prova madre del processo a Mills, la lettera del 2004 con cui avrebbe scritto ai suoi fiscalisti inglesi di aver ricevuto 600mila dollari da Berlusconi come corruzione, “non può avere valore di documento probatorio nel processo contro l’ex premier”.

Queste le motivazioni (in 77 pagine) della sentenza di prescrizione, scritte e firmate dalla sola presidente e relatrice Francesca Vitale, depositate lunedì pomeriggio in anticipo sulla scadenza del 25 maggio e pubblicate dal ‘Corriere della Sera’, senza avvisare le colleghe Lai e Interlandi.

Per quanto riguarda la lettera di Mills ai legali nel 2004, Vitale, aderendo a una Cassazione del 2009, valuta che le dichiarazioni accusatorie verso altri, se contenute in un documento, non abbiano valore di prova “a meno che non siano accompagnate da una ulteriore illustrazione orale da parte dell’autore nella cornice dialettica garantita dal meccanismo orale di domanda e risposta”. Vitale nelle sue motivazioni, scrive ‘Il Corriere della Sera’, pensa che Mills, “con un atto di contrizione (mal) recitato per tentare di allontanare da Berlusconi ogni sospetto”, abbia dato una versione “infarcita di incongruenze, imprecisioni, inverosimiglianze”. Ma ritiene che questa deposizione, in cui Mills “nega la veridicità di quanto rappresentato nella lettera”, pur “in sé non credibile”, però “svuoti di significato quale mezzo probatorio anche la lettera, e a cascata le stesse deposizioni dei fiscalisti Drennan e Barker, genuini e attendibili” ma che “perdono la loro forza probante”.

Il risultato, per Vitale, è che “nessuna verità, neppure processuale, può dirsi raggiunta nonostante la profusione di energie di tutte le parti del processo”: sempre che, pare voler rivendicare, si osservi “il rispetto che si deve alle norme anche quando siano scomode e conducano a risultati insoddisfacenti non solo per la pubblica accusa ma anche per l’imputato”.

Vitale critica “le inopportune e reiterate sollecitazioni del pm sulla fissazione del calendario”; e circa l'”accoglimento della disponibilità dell’imputato a celebrare i suoi processi il lunedì” in cambio della non opposizione di legittimi impedimenti, rimarca che questa linea – “con il dissenso ripetutamente manifestato dal pm”, ma “condivisa dallo stesso presidente del Tribunale di Milano” Livia Pomodoro e da “tutti i giudici” dei 4 processi al premier, convocati da Pomodoro in una riunione il 7 marzo 2011 dopo l’offerta dei legali – “ha consentito un evidente risparmio di attività processuale”.