Coronavirus, gli esperti: “Nei luoghi chiusi un metro non è sufficiente”

di redazione Blitz
Pubblicato il 16 Maggio 2020 - 15:26 OLTRE 6 MESI FA
ristorante foto ansa

Coronavirus, gli esperti: “Nei luoghi chiusi un metro non è sufficiente” (foto Ansa)

ROMA – Un metro di distanza nei luoghi chiusi. Possiamo sentirci davvero sicuri?

Tre esperti di virologia, epidemiologia e igiene rispondono a Repubblica alle domande sull’allentamento delle regole del 18 maggio.

L’articolo è firmato da Elena Dusi.

La prima cosa da ricordare è la disomogeneità dell’epidemia tra le regioni e la differenza di contagio tra i luoghi chiusi e i luoghi aperti.

Al ristorante possiamo stare ad un metro?

“È questione di capire il rischio che vogliamo prenderci” spiega Carlo Signorelli, professore di igiene al San Raffaele di Milano.

“La precipitazione delle goccioline respiratorie è molto alta entro un metro di distanza dalla persona infetta. È più bassa, ma esiste ancora, tra uno e due metri. È trascurabile oltre i due metri”. 

Il contagio avviene sicuramente in caso di tosse o starnuto. Anche con il respiro però ci può essere però contagio.

Secondo Carlo Federico Perno, virologo dell’università di Milano, dipende dalla regione: “In Lombardia, al chiuso, la distanza di un metro fra i tavolini non è sufficiente per stare tranquilli. Due metri servono tutti. All’aria aperta invece il rischio di trasmissione è molto più basso. Lì un metro è più che ragionevole”.

Pier Luigi Lopalco, epidemiologo dell’università di Pisa e consulente della Regione Puglia, spiega che al ristorante sarà meglio stare “solo all’aperto, con una o due persone al massimo, magari colleghi, alla fine di una giornata di lavoro”.

Al mare la situazione è considerata a minor rischio, grazie al sole e al vento. “Il virus non si trasmette con la sabbia, né con l’acqua, né sui sentieri di montagna. A meno che, ancora una volta, non si stia molto vicini” spiega Perno.

Signorelli aggiunge che “il vento della spiaggia, in particolare, ha un grande effetto nel disperdere il virus”. Il cloro delle piscine è sufficiente a inattivare i microrganismi. E al sole la sopravvivenza del coronavirus è assai ridotta.

Il problema principale resta però la cena a casa di amici. Qui, una delle situazioni più rilassanti, il rischio di contagio cresce.

Secondo Lopalco “non possiamo certo prevedere controlli anche lì  e non ci aspettiamo che le persone indossino le mascherine in casa, anche se sarebbe opportuno, durante gli incontri con gli amici”.

In situazioni distese, insieme a persone con cui ci sentiamo a nostro agio, tendiamo a ridurre le precauzioni.

Perno spiega quindi una situazione tipo: “Siamo di fronte a un amico che non ha alcun sintomo, e noi ci fidiamo di lui. Ma lui stesso potrebbe essere stato contagiato a sua insaputa”.

“Purtroppo il concetto ‘mi fido di te’ non esiste, con questo virus. Anche il più caro degli amici potrebbe rivelarsi un nemico, dal punto di vista della malattia”.

Infine le palestre.

“È l’ultimo luogo che riaprirei” spiega Perno. “Sotto sforzo l’aria viene emessa dai polmoni a distanza maggiore e in quantità anche tripla rispetto al normale”. Inoltre in questi luoghi l’umidità potrebbe essere alta.

E poi non sempre le palestre hanno un buon ricambio d’aria (fonte: Repubblica).