Ragazzino senegalese arriva in Italia e va in coma per “choc emotivo”: non vedeva il padre emigrato da anni

Pubblicato il 23 Maggio 2011 - 12:33 OLTRE 6 MESI FA

GENOVA – Una forte emozione, tanto è bastato per stroncare il cuore di un ragazzino di 13 anni, che è finito in coma: ricongiungersi al padre che non vedeva da anni, trasferirsi dal Senegal all’Italia, cambiare stile di vita ed abitudini sono state, per Mohamed Ndiaye, la causa un attacco cardiaco. Ricoverato d’urgenza all’ospedale di Savona, le gravi condizioni hanno portato i medici ad un trasferimento d’urgenza all’ospedale pediatrico Gaslini di Genova. Ora il ragazzo sta meglio, ed i medici hanno escluso dalle analisi altre patologie o complicazioni.

La storia di questa famiglia di emigranti è una storie come tante e inizia quando Wali Ndiaye, senegalese 50enne e papà di Mohamed, abbandona il suo lavoro da benzinaio a Dakar, in Senegal, la cui paga non gli permetteva di prendersi cura della moglie e dei cinque figli, per trasferirsi nel 2003 a Savona, in Italia, dove trova lavoro come operaio in una fabbrica. Intanto Abdul, figlio di Wali, lo precede in Italia nel 2000, trasferendosi a Milano dove lavora in un albergo e occasionalmente come modello. Una famiglia divisa, tra Senegal e Italia, che solo nei giorni scorsi riesce a riunire i suo componenti, quando Wali riesce a portare con sè la moglie ed i due figli di 13 e 9 anni, mentre in Senegal rimangono i due più grandi, ormai sistemati.

Ma la storia, il cui lieto fine sembrava ormai scritto, ha preso una piega inaspettata quando la moglie di Wali ha trovato Mohamed sul suo letto, privo di sensi. Inutili i tentativi di svegliarlo, anche da parte di un amico di famiglia accorso in aiuto, e grande la paura per il bambino, che presenta i sintomi di una crisi epilettica e rimane incosciente. Soccorso all’ospedale di Savona, Mohamed si aggrava, tanto che viene trasportato in elicottero al Gaslini di Genova, dove le analisi escludono patologie serie e i medici spiegano che l’episodio cardiaco del ragazzo è passeggero, e probabilmente dovuto ad una forte emozione o al forte stress, insomma ad uno choc emotivo.

Il cambiamento non è mai facile da gestire, specialmente se così radicale, se sei un bambino che abbandona i suoi amici e la vita spensierata all’aria aperta, per trovarsi in un paese di cui non conosci la lingua, dove gli unici svaghi sono stare in casa a guardare la tv o giocare alla playstation, come ha raccontato Abdul, il fratello maggiore: “Casa, scuola, casa. E playstation, è diventato fin troppo bravo, batte anche me…Ma non è la vita che era abituato a fare. A Dakar, così piccolo già organizzava feste. Era un capogruppo, aveva tantissimi amici e viveva libero,  le porte aperte, le strade per giocare”. Per gli psicologi la reazione di Mohamed è rara, ma in forme più lievi affligge molti migranti che si ritrovano in un mondo differente dal proprio, e a maggior ragione colpisce in bambini, le cui abitudini vengono stravolte e il cui fisico, oltre alla mente, deve fare i conti con uno nuovo mondo e nuove sensazioni.