L’Aquila. Nigeriane costrette a prostituirsi con i riti voodoo, in manette 26 persone

Pubblicato il 24 Giugno 2010 - 15:22 OLTRE 6 MESI FA

Reclutavano giovani donne in Nigeria e dopo averle sottoposte a un rito voodoo, con il quale le sottomettevano psicologicamente, e averle indotte a firmare un contratto, venivano trasferite in Italia per essere costrette alla prostituzione subendo ogni tipo di ricatto e violenza. Tra gli abusi l’interruzione della gravidanza attraverso la somministrazione di farmaci atti a provocare l’aborto anche in epoca gestazionale avanzata.

Con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani, riduzione in schiavitù, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione, riciclaggio e interruzione abusiva di gravidanza, i carabinieri del Ros hanno sgominato un banda nigeriana, articolato in cellule strutturate su base famigliare e dislocate in Italia e all’estero, che gestiva l’intera filiera criminale: dal reclutamento delle vittime in madrepatria, al loro trasferimento in Europa e, infine, allo sfruttamento sessuale nei luoghi di destinazione finale.

In manette 26 persone di cui 20 nigeriani e 6 italiani, tra questi due abruzzesi, che avevano il compito di ‘autisti’, in una operazione denominata ”Sahel” e coordinata alla Procura distrettuale Antimafia dell’Aquila, che ha interessato le province di Teramo, Reggio Emilia, Foggia, Bari e Ascoli Piceno. In Austria, dove è stato localizzato un indagato, verrà eseguito un mandato di arresto europeo.

I carabinieri hanno anche sequestrato preventivamente di beni, tra cui immobili, autovetture, licenze ed esercizi commercial, per un valore complessivo di circa un milione di euro. I particolari dell’operazione sono stati illustrati in una conferenza stampa tenuta all’Aquila dal sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia dell’Aquila David Mancini e dal generale Mario Parente, vice comandante nazionale dei Ros.

Le indagini continuano perché come ha sottolineato il magistrato Mancini il clan di nigeriano era ramificato in Europa. L’inchiesta è scattata da un’indagine partita per la denuncia di una 25enne nigeriana, vittima di sfruttamento sessuale da parte di tre successivamente fermati. Alla contestazione agli indagati del reato di associazione per delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù ed allo sfruttamento sessuale, il procedimento è stato trasferito per competenza alla Procura Distrettuale Antimafia dell’Aquila. Le attività di indagine hanno interessato anche la collaborazione del Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia e di Europol.