Lombardia, verso la privatizzazione dell’acqua?

Pubblicato il 29 Ottobre 2010 - 00:47 OLTRE 6 MESI FA

Sono agitate le acque della Lombardia, soprattutto dopo che, martedì, la Giunta regionale ha approvato il progetto di legge Raimondi, che dovrebbe mettere ordine nel confuso piano di distribuzione e proprietà dell’acqua, risalente al decreto Ronchi. Quello che però ancora non si comprende, è il senso ultimo della legge regionale.

Secondo l’assessore regionale Marcello Raimondi non ci sarà nessun terremoto, anzi non succederà proprio niente: “L’acqua rimane un bene pubblico, le tariffe non aumentano, le Province assumono le competenze delle ex AATO (Autorità di Ambito Territoriale Ottimale ndr) e i Comuni – ha detto ottimista l’assessore- vanno ad acquisire un ruolo di fondamentale importanza all’interno della Consulta nella quale saranno inseriti. Non c’è nessuno scandalo privatizzazione”. Dunque tutto va avanti come se niente fosse. Quasi.

La chiave di tutto sta nel ruolo dei Comuni, che, finora, hanno sempre deciso di tenersi ben stretta la loro acqua. Per effetto di questa legge verranno sollevati dalla possibilità di decidere in materia per Roberto Fumagalli, vicepresidente del Comitato italiano per il contratto mondiale sull’acqua: “I comuni sono chiamati a dare un parere in merito che sarà obbligatorio, ma non vincolante – ha commentato – Saranno dunque di fatto svuotati di senso e autorità. Non è un caso che, durante la scorsa estate i sindaci dicessero peste e corna di questa legge”.

Il passaggio di poteri dalle Aato ai Comuni e dai Comuni alle Province porterebbe a una nuova riassegnazione dell’autorità sull’acqua. Per Fumagalli “si passerebbe dal pubblico di oggi, a una specie di privato obbligatorio, in uno scenario di cui l’esito – continua – è facile da immaginare”. Il quadro che i sostenitori dell’acqua pubblica paventano, dunque, vede le Province nuove responsabili in materia di acqua, pronte a fare carta straccia di quanto deciso dai Comuni e a indire una gara per la nuova assegnazione. Con il concreto timore, per Fumagalli che siano le grandi multi-utilities che faranno la parte del leone: “È verosimile pensare che la gara – ha concluso – sarà vinta da grandi compagini come la compartecipata A2A, Suez o Veolia, orfane della grande partita dell’acqua parigina che, non per caso, è tornata pubblica”.

Insomma, ancora non è chiaro quanto la nuova legge regionale, che ancora deve passare in Consiglio, tuteli la volontà delle autonomie locali di tenersi la loro acqua, e quanto, in ottemperanza al decreto Ronchi, apra la partita al mercato. L’unica cosa certa, oggi, sono i risultati della gestione pubblica nella regione: a Milano, per esempio, le tariffe sono tra le più basse d’Europa (60 centesimi al metro cubo, mentre in provincia è tra 80 e 90 e in Italia superiore all’euro e mezzo) e gli indici di efficienza gestionale tra i più alti; la qualità dell’acqua distribuita è buona e bassissime le perdite in rete ( meno del 15%, quando la media lombarda è del 30% e quella nazionale fra 30% e 40%).