La ‘ndrangheta fa lo sconto sul pizzo: “C’è chi non riesce a pagare le bollette”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 4 Novembre 2013 - 16:22 OLTRE 6 MESI FA

carabinieriREGGIO CALABRIA – Pizzo con lo sconto, pizzo in comode rate mensili. C’è la crisi, d’altra parte, gli imprenditori e i commercianti non riescono a pagare le bollette, figurarsi quanto possono dare alla ndrangheta in termini di contributi mensili. E così la ndrangheta si adegua, si fa morbida, capisce, intercetta nuovi bisogni e chiede fin dove può. Succede in Calabria, a Reggio Calabria, dove le indagini dei carabinieri su una cosca locale hanno offerto un nuovo punto di vista sulla malavita organizzata.

Le intercettazioni ambientali hanno permesso di ricostruire gli ordini dati dal carcere da Francesco Zindato che, nonostante la galera, riusciva a gestire i suoi uomini. Grazie alle intercettazioni gli investigatori hanno potuto arrestare 5 persone: lo stesso Zindato, 36 anni, già in carcere; Demetrio Sonsogno, 44 anni, secondo l’accusa il reggente della cosca; Antonino e Santo Labate, di 36 e 33 anni, e la moglie di Zindato, Malgorzata Tchorzewska , detta Margherita, polacca. Le accuse sono di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione aggravata ai danni di operatori economici, favoreggiamento e ricettazione.

Nelle pieghe delle intercettazioni finiscono così i nuovi metodi usati dalla ‘ndrangheta in tempo di crisi. Con Zindato che ordina, tramite pizzini consegnati alla moglie polacca, di non pretendere e minacciare: “c’è crisi non bisogna andare da chi non può pagare nemmeno le bollette”.

“Un’operazione – ha detto il questore di Reggio Calabria, Guido Longo – che conferma il triste fenomeno delle estorsioni. Nel mirino della banda erano finiti un imprenditore edile ed il titolare di un negozio di abbigliamento, che non hanno inteso collaborare con lo Stato. Ai cittadini tutti chiediamo ancora una volta di collaborare con le forze di polizia, di avere fiducia nello Stato”. Secondo quanto reso noto dal dirigente della squadra mobile, Gennaro Semeraro, “gli arrestati evitavano di usare metodi bruschi, persino dilazionando, in un caso, una tangente da ottomila euro in sedici mensilità da cinquecento euro”.