Padova: picchiato dai rapinatori in azienda aspetta cinque ore al Pronto soccorso

Pubblicato il 14 Febbraio 2010 - 17:52 OLTRE 6 MESI FA

Prima il colpo violento alla nuca, poi i calci mentre era a terra. Sono stati attimi durissimi quelli vissuti da Maurizio Aldrigo, titolare della Union Fruit, l’azienda di Solesino (Padova) saccheggiata giovedì sera da una banda di malviventi armati.

I quattro rapinatori sono entrati nello stabile di via Delle Industrie armati di pistola, mitra e piccone, e hanno minacciato e perquisito sette persone, tra dirigenti, operai e impiegati. Aldrigo è stato l’unico ad essere malmenato. «Sono arrivato nel capannone quando i rapinatori avevano già preso in ostaggio mia sorella e fatto stendere a terra i miei colleghi – spiega Aldrigo – Il malvivente armato di mitra mi ha ordinato di star fermo e di obbedire agli ordini». Il tutto, con la canna dell’arma puntata dritta al volto. «Se ti muovi ti sparo alle gambe», avrebbe urlato l’aggressore. Il titolare della Union Fruit non si è però fatto intimidire e ha risposto con aria di sfida: «Spara, se hai il coraggio». «Probabilmente non si aspettava questa mia reazione – ritiene Aldrigo – Infatti sulle prime è rimasto a fissarmi incredulo. Io mi sono voltato e sono corso a chiudere i cancelli dell’azienda, per imprigionarli dentro».

L’uomo è riuscito a chiudere la prima cancellata, ma per la seconda il tentativo è stato vano: l’Audi dei malviventi bloccava la fotocellula. Ma, soprattutto, gli stessi banditi lo hanno fermato colpendolo da dietro con il calcio del mitra. «Sono caduto a terra e hanno cominciato a darmi calci – continua l’imprenditore – Ne ho sentiti tre. Fortunatamente mi ero rannicchiato e non mi hanno colpito in punti delicati».

Dopo la fuga dei banditi (con 25.000 euro) Aldrigo è stato portato in ambulanza al pronto soccorso a Monselice. E ha trascorso la serata in attesa: «Sono entrato alle 20 e all’una ho deciso di andarmene a casa, senza referto medico – spiega, senza polemizzare – Avevo un semplice codice verde ed è stata data la precedenza ad altri pazienti». Cinque ore di attesa, sotto lo stress dell’e pisodio appena accaduto, erano già più che sufficienti. «Resto con l’amaro in bocca per quanto è capitato a me a tutti i miei dipendenti – conclude – Non si può lavorare con la paura».