Papa a Rebibbia: “Dove c’è un detenuto, lì c’è Cristo”

Pubblicato il 18 Dicembre 2011 - 10:33 OLTRE 6 MESI FA

CITTA’ DEL VATICANO, 18 DIC – ”Dovunque c’e’ un affamato, uno straniero, un ammalato, un carcerato, li’ c’e’ Cristo stesso che attende la nostra visita e il nostro aiuto”. Lo ha detto il Papa nel discorso ai detenuti del carcere romano di Rebibbia, che lo hanno accolto con grande entusiasmo e grida di ”Viva il Papa”. Benedetto XVI ha quindi ricordato la ”attenzione della Chiesa per la giustizia degli Stati”, citando parte del documento da lui consegnato in Benin lo scorso 19 novembre.

”Vorrei potermi mettere in ascolto della vicenda personale di ciascuno – ha detto papa Ratzinger ai detenuti di Rebibbia – ma non mi e’ possibile; sono venuto pero’ a dirvi semplicemente che Dio vi ama di un amore infinito”. ”E’ pertanto urgente – ha detto poi il Papa riproponendo il testo della Esortazione apostolica sull’Africa a proposito delle carceri – che siano adottati sistemi giudiziari e carcerari indipendenti, per ristabilire la giustizia e rieducare i colpevoli. Occorre inoltre bandire i casi di errori della giustizia e i trattamenti cattivi dei prigionieri, le numerose occasioni di non applicazione della legge che corrispondono ad una violazione dei diritti umani e le incarcerazioni che non sfociano se non tardivamente o mai in un processo. La Chiesa riconosce la propria missione profetica di fronte a coloro che sono colpiti dalla criminalita’ e il loro bisogno di riconciliazione, di giustizia e di pace. I carcerati sono persone umane che meritano, nonostante il loro crimine, di essere trattati con rispetto e dignità. Hanno bisogno della nostra sollecitudine”.

Cio’ che nella logica umana suona come una ”ingiustizia”, nella ”ottica di Dio” e’ un atto di bonta’ e di misericordia. Lo ha detto il Papa ai detenuti del carcere di Rebibbia, ricordando il brano del vangelo in cui l’agricoltore paga la stessa cifra a chi ha lavorato tutto il giorno e a chi solo un’ora. ”La questione – ha spiegato Benedetto XVI – riguarda la generosita’, considerata dai presenti ingiustizia, del padrone della vigna, il quale decide di dare la stessa paga sia ai lavoratori del mattino sia agli ultimi del pomeriggio. Nell’ottica umana questa decisione è un’autentica ingiustizia, nell’ottica di Dio un atto di bontà, perché la giustizia divina dà a ciascuno il suo e, inoltre, comprende la misericordia e il perdono. Giustizia e misericordia, giustizia e carità, cardini della dottrina sociale della Chiesa, sono due realtà differenti soltanto per noi uomini, che distinguiamo attentamente un atto giusto da un atto d’amore. Giusto per noi è ‘ciò che è all’altro dovuto”, mentre misericordioso è ciò che è donato per bontà. E una cosa sembra escludere l’altra. Ma per Dio non è così: in Lui giustizia e carità coincidono; non c’è un’azione giusta che non sia anche atto di misericordia e di perdono e, nello stesso tempo, non c’è un’azione misericordiosa che non sia perfettamente giusta”.

Sovraffollamento, doppia pena. Il ”sovraffollamento e il degrado possono rendere ancora piu’ amara la detenzione” e perche’ i detenuti non debbano scontare ”una ‘doppia pena”’ il Papa chiede alle ”istituzioni” di verificare ”strutture, mezzi, personale” in relazione alle ”esigenze della persona umana”, con anche ricorso a ”pene non detentive…”.

”So che il sovraffollamento e il degrado delle carceri – ha detto il Papa davanti ai circa 300 detenuti nel carcere di Rebibbia – possono rendere ancora più amara la detenzione: mi sono giunte varie lettere di detenuti che lo sottolineano. E’ importante che le istituzioni promuovano un’attenta analisi della situazione carceraria oggi, verifichino le strutture, i mezzi, il personale, in modo che i detenuti non scontino mai una “doppia pena”; ed è importante promuovere uno sviluppo del sistema carcerario, che, pur nel rispetto della giustizia, sia sempre più adeguato alle esigenze della persona umana, con il ricorso anche alle pene non detentive o a modalità diverse di detenzione”.