Pavia: era in fila per il permesso di soggiorno, viene espulso. Non sapeva di essere stato condannato

Pubblicato il 4 Febbraio 2011 - 08:18 OLTRE 6 MESI FA

PAVIA – In prima fila per il permesso di soggiorno, subito dopo in manette. La beffarda vicenda è avvenuta a Pavia e ha avuto per protagonista, suo malgrado, Ibraima Ndoye, un senegalese di 47 anni. La storia in sintesi è questa: l’uomo recatosi in questura per chiedere informazioni sulla sua domanda di regolarizzazione in Italia, proprio lì scopre di avere sulle spalle una condanna per vendita di merce contraffatta risalente al 2009. Condanna che gli è costata cara, anzi carissima: non solo le manette, ma anche il rigetto del permesso di soggiorno e l’espulsione immediata dal Paese.

Un arresto in questura non capita tutti i giorni, ma di stranieri a rischio manette ce n’è più di qualcuno. «C’è molta disinformazione tra gli immigrati», hanno spiegato dalla Cgil di Pavia, «ci sono parecchi casi, ad esempio, in cui gli stranieri non ottengono il permesso di soggiorno semplicemente perché si presentano da noi troppo tardi, quando i tempi per il ricorso sono già scaduti».
Nell’ultima sanatoria sono arrivate alla questura di Pavia circa duemila domande di regolarizzazione. Di queste, all’incirca 500 sono passate dagli uffici della Cgil locale. Se la maggior parte ha avuto un esito positivo, le richieste sono state cioè evase e l’immigrato ha dunque ottenuto il permesso di soggiorno, una minoranza che – fanno sapere – si attesta attorno al 10%, è ancora in attesa di risposta.

Bisogna verificare se ci sono i requisiti, che in alcuni casi mancano: «Capita che abbiano commesso piccoli reati – continua la Cgil pavese – come i furti, e una delle condizioni per ottenere il permesso è quello di non avere ricevuto condanne penali». Tra queste, nemmeno quella per immigrazione clandestina: per lo Stato italiano, infatti, dopo l’entrata in vigore dell’ultimo pacchetto sicurezza, essere clandestini è reato. E la situazione in questo caso, non è così semplice: «Non sono pochi i casi in cui gli immigrati hanno subito delle vere e proprie truffe, come quelli letteralmente scaricati al momento di perfezionare la domanda o incastrati da datori di lavoro fantasma».