Scuola e Università, Italia in fondo alla classifica europea per abbandoni

Pubblicato il 11 Aprile 2013 - 20:32 OLTRE 6 MESI FA

BRUXELLES – Nel 2012 il 17,6% degli studenti ha abbandonato la scuola secondaria. Peggiori solo i dati di Spagna (24,9%), Malta (22,6%) e Portogallo (20,8%) quando la media dell’Unione europea è al 12,8% e l’obiettivo per il 2020 è quello di scendere sotto il 10%. L’obiettivo nazionale è invece più realisticamente attestato su un 15-16% fra sette anni. Ma è quando si passa alle cifre dell’istruzione superiore che l’Italia tocca il fondo, superata anche dalla Romania. In un paese che ha ancora il mito del ‘pezzo di carta’, la percentuale di laureati rispetto a quanti si iscrivono all’università (o a corsi di istruzione equivalenti) è la più bassa d’Europa: poco più di uno su cinque (21,7%) completa il corso di studi entro i 34 anni.

E’ il peggior dato dell’intera Unione europea, fortemente appesantito dalla performance dei maschi: appena il 17,2% arriva alla laurea, contro il 26,3% delle donne. Da Bruxelles il Commissario europeo per l’Educazione e la Cultura, la greca Androulla Vassiliou, preferisce guardare il bicchiere mezzo pieno. Rispetto al 2010 la media generale degli abbandoni scolastici dell’Unione europea (passata dal 14,0% di tre anni fa al 12,8% del 2012) è leggermente migliorata, così come quella italiana (scesa sotto la soglia del 18%, quando nel 2010 era al 18,8%). ”I lavori del futuro – dice Vassiliou richiederanno più qualificazione e questi dati mostrano che i giovani sono determinati a sfruttare tutto il loro potenziale”.

Ma la situazione italiana è molto lontana non solo dalla media generale, ma anche da quella degli altri grandi paesi europei. Gli abbandoni scolastici in Francia sono all’11,6%, in Germania al 10,5%, nel Regno Unito al 13,5%. E diventa drammatico il confronto per le percentuali di laureati: 47,1% per la Gran Bretagna, 43,6% per la Francia e 31,9% per la Germania. Per Giovanni Puglisi, rettore della Iulm di Milano e vicepresidente della Crui (la Conferenza dei rettori delle università italiane), i dati sono ”la logica conseguenza di un disinvestimento del sistema dell’alta formazione, ma anche della cultura e della ricerca, nella pianificazione politica italiana”.

E sottolinea ”la beffa” del fatto che ”i nostri giovani migliori se ne vanno poi all’estero e vi restano”. Un quadro quello italiano, allarmante per il sistema paese, secondo i sindacati. ”L’Italia rischia di uscire dall’Europa proprio dove abbiamo tutte le risorse per eccellere” avverte il segretario generale della Uil-Scuola, Massimo Di Menna, che chiede ”subito una assunzione di responsabilità politica”. Mentre il segretario generale della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo, segnala il rischio che ”se non si investe in conoscenza non si uscirà dalla crisi”. Un tema condiviso da Federconsumatori: ”Investire sulla conoscenza e sulla valorizzazione delle competenze significa investire sul futuro del nostro paese”.