Strage di Bologna, forse trovato l’interruttore della bomba. La nuova perizia

di redazione Blitz
Pubblicato il 28 Giugno 2019 - 00:19 OLTRE 6 MESI FA
Strage di Bologna, forse trovato l'interruttore della bomba. La nuova perizia

Strage di Bologna, forse trovato l’interruttore della bomba. La nuova perizia

BOLOGNA – Fra le macerie ai Prati di Caprara, dove per anni sono rimasti i detriti della stazione di Bologna esplosa il 2 agosto 1980, potrebbe essere stato trovato l’interruttore della bomba che costò la vita a 85 persone e il ferimento di altre 200. E’ quanto emerge dalla nuova perizia, la quarta in ordine di tempo, sulla strage di Bologna: 160 pagine oltre agli allegati, consegnata oggi, dopo due mesi di lavoro, al presidente della Corte d’Assise di Bologna, Michele Leoni che sta celebrando il processo nei confronti l’ex Nar, Gilberto Cavallini, accusato a 39 anni di distanza di concorso nell’attentato.

Il geomineralista Danilo Coppe e il colonnello del Ris di Roma, Adolfo Gregori, incaricati dalla Corte di assise, hanno analizzato gli studi fatti all’epoca, integrandoli con i reperti rinvenuti tra l’altro su un cartellone affisso nella sala d’aspetto, su alcuni oggetti consegnati dai parenti delle vittime, su parti di terriccio conservate dall’epoca e, soprattutto, tra le macerie rimaste per anni esposte alle intemperie ai Prati di Caprara, una vecchia caserma nella periferia.

Proprio tra questi è stato trovato un oggetto, che potrebbe essere l’interruttore. Con una levetta simile a quelle usate nell’industria automobilistica, “la sua deformità lo fa ritenere molto vicino all’esplosione”. E in una sala d’attesa di una stazione ferroviaria, dicono i periti, “secondo chi scrive non aveva ragione di esserci”. Dispositivi simili, osservano inoltre i periti, risultano essere stati trovati nell’ordigno destinato a Tina Anselmi e in quello trasportato da Margot Christa Frohlich quando venne arrestata a Fiumicino nel 1982. Quest’ultima è la terrorista tedesca indagata e poi archiviata insieme a Thomas Kram nella cosiddetta “pista palestinese”, ipotesi alternativa a quella accertata dalle sentenze passate in giudicato.

Va da sé che il ritrovamento del presunto interruttore modifica di molto lo scenario fin qui conosciuto rimettendo in discussione l’impianto giudiziario complessivo e smentendo, in parte, le precedenti risultanze.

Nella perizia si conferma, poi, che la bomba era costituita “essenzialmente da Tnt e T4 di sicura provenienza da scaricamento di ordigni bellici e da una quantità apprezzabile di cariche di lancio (che giustifica la presenza di nitroglicerina e degli stabilizzanti rinvenuti)”.

Inoltre, “non si può escludere completamente la presenza di una percentuale di gelatinato a base di nitroglicerina”. Si tratta di un passaggio che ha colpito gli avvocati di parte civile: “E’ una conferma – dice Andrea Speranzoni, che assiste i familiari delle vittime – di quanto dichiarato dai pentiti, come Sergio Calore e Paolo Aleandri”. La perizia parla di “congruenza” con queste dichiarazioni e che quindi potrebbe collegare l’esplosivo a quello utilizzato in quel periodo dal terrorismo di destra.

Ma nelle conclusioni dell’elaborato si legge anche che su basi esclusivamente probabilistiche “si ritiene che, se c’era un dispositivo tra la sorgente di alimentazione e l’innesco, questo poteva essere un timer meccanico. Non si esclude però, in via ipotetica, che l’interruttore di trasporto fosse difettoso o danneggiato tanto da determinare un’esplosione prematura-accidentale dell’ordigno”.

Un elemento definito “significativo e innovativo” dall’avvocato Gabriele Bordoni, difensore di Gilberto Cavallini, come anche il fatto che secondo i periti, nella sala d’attesa della stazione di Bologna non c’erano le condizioni perché un corpo venisse completamente dematerializzato. (Fonte: Ansa)