“Traditore per smisurata ambizione”. Il profilo del generale Ganzer secondo i giudici. L’mbarazzo dell’Arma

Pubblicato il 28 Dicembre 2010 - 12:35 OLTRE 6 MESI FA

Giampaolo Ganzer

Il generale dei Carabinieri Giampaolo Ganzer “non si è fatto scrupolo di accordarsi” con “pericolosissimi trafficanti”. Lo scrivono i giudici di Milano nelle motivazioni della condanna a 14 anni per il comandante del Ros nel processo per presunte irregolarità nelle operazioni antidroga. Accuse pesantissime, che però dovranno trovare conferma in altri due gradi di giudizio. Restano, nel frattempo, imbarazzo e incredulità istituzionali per le gravi responsabilità attribuite all’alto ufficiale. Il ministro della Difesa Ignazio La Russa non ha lasciato dichiarazioni di nessun tipo. Si impone, scontata la doverosa presunzione d’innocenza, un problema di opportunità etica e funzionale. Il generale potrebbe essere trasferito ad altro incarico. Pesa il profilo delineato dai giudici, oltre gli illeciti contestati: “Traditore per smisurata ambizione”. E va considerato il contesto operativo delle azioni incriminate: il confine labile che limita l’agibilità degli infiltrati in operazioni anti-droga in particolare e criminali in genere. In Italia sono vietate le azioni provocatorie. Insomma i Donnie Brasco italiani non hanno la licenza di preparare trappole o costruire occasioni di reato.

Secondo i giudici dell’ottava sezione penale di Milano, presieduta da Luigi Caiazzo, il generale “non ha minimamente esitato a dar corso” a operazioni antidroga “basate su un metodo di lavoro assolutamente contrario alla legge, ripromettendosi dalle stesse risultati d’immagine straordinari per se stesso e per il suo Reparto”. Ganzer, sempre stando alle motivazioni di oltre 1.100 pagine, “non si è fatto scrupolo di accordarsi con pericolosissimi trafficanti, ai quali ha dato la possibilità di vendere in Italia decine di chili di sostanze stupefacenti e ha loro garantito l’assoluta impunità”. Tutte cose che in teoria non si potrebbero fare perchè in Italia la situazione degli infiltrati è diversa per esempio da quella degli americani che spesso si vede poi nei film. Gli infiltrati italiani non sono dei “Donnie Brasco” che possono provocare un incontro per poi arrestare in flagrante, devono attendere o trovare altri modi.

Scrive Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera: A leggere le 1.155 pagine depositate ieri dai giudici per motivare la condanna di primo grado a 14 anni di carcere per traffico di droga del generale Giampaolo Ganzer, c’è un Faust a comandare il Ros dei carabinieri: uno «scienziato» (nell’opera di Goethe, ma in fondo lo è anche un investigatore) insoddisfatto dei limiti (qui impostigli dalle norme sulle indagini antidroga), che vende l’anima al diavolo in cambio di conoscenza e potere. Oppure, se all’epica letteraria si preferisce quella sportiva, c’è un Pantani in vetta a una delle carriere più scintillanti dell’Arma: un ufficiale che, benché nel 1994 avesse «già risultati brillanti» e fosse lanciato a «occupare posizioni sempre più elevate» , quando arriva all’Antidroga pratica il doping delle prime operazioni «contrarie alla legge» (Cobra, Shipping e Cedro Uno) «per assicurare risultati d’immagine straordinari a se stesso e al suo reparto» , e poi «in parallelo avvia nel rispetto della normativa altre operazioni antidroga (Pilota, Cartagine, Zama, Sinai) con le quali raggiunge risultati altrettanto clamorosi».

E ancora:  Scandaloso accordo Generale dell’antidroga, Ganzer, ma «in scandaloso accordo con i trafficanti ai quali è stato consentito vendere la loro droga in Italia e arricchirsi con i proventi delle vendite con la protezione dei carabinieri del Raggruppamento operativo Il documento Il dispositivo della sentenza che ha condannato Ganzer speciale» . Narcos ai quali «sono stati fatti ottenere i necessari visti, evitando il prescritto controllo della Direzione centrale antidroga; è stato permesso di importare in tutta sicurezza qualsiasi partita di droga in forza di decreti di ritardato sequestro» (concentrati sul pm bergamasco Mario Conte ora sotto processo) «che espressamente ordinavano ai funzionari della Dogana di astenersi da qualsiasi controllo; gli sono stati indicati gli acquirenti; è stato fornito ogni genere di assistenza in Italia, pagando loro l’albergo, scortandoli negli spostamenti, fornendoli di cellulari sicuri» . Troppo «speciale» Guardie e ladri «in combutta» con l’ «unico scopo di realizzare clamorosi arresti e sequestri di droga» , cioè la benzina mediatica che ai primi tempi di gestione Ganzer dello speciale reparto dei carabinieri serviva ad accreditare la «legittima aspirazione ad ottenere speciali risultati nella lotta al crimine» . Anche a costo che «l’appartenenza ad un corpo speciale facesse credere di potere agire con metodo di lavoro speciale».

Colleghi e altri incarichi – Ai suoi colleghi che lo chiamano per manifestargli solidarietà e per sapere che cosa farà adesso, ripete quanto aveva già detto dopo essere stato condannato a 14 anni: “Eseguo gli ordini” . Questa volta Ganzer sa che pur senza un ordine, la sua permanenza al vertice del Ros non appare più scontata. Perché le motivazioni dei giudici milanesi pesano sulla persona, ma soprattutto sul ruolo istituzionale. E lo espongono di fronte ai sottoposti, agli indagati, ai magistrati che hanno delegato indagini al suo reparto. Il generale era consapevole che il collegio non sarebbe stato tenero nei suoi confronti. Ma forse non si aspettava tanta durezza, non credeva che nella sentenza potessero essere formulati giudizi così forti, a tratti addirittura sprezzanti.

Ganzer la sua idea l’ha sempre espressa chiaramente: “I fatti sono stati travisati. Ma come si fa a sostenere che io mi sarei accordato con i narcotrafficanti? Dove sono le prove? Dove sono i contatti con i criminali?”. E allora sono i colleghi che in tutti questi anni gli hanno sempre manifestato fiducia a sottolineare come “non ci sia bisogno di essere pesanti nell’uso degli aggettivi quando le indagini non hanno raggiunto prove certe e si deve dare sostanza a quello che è sempre apparso un teorema”. Si tratta comunque di ufficiali dell’Arma, consapevoli che mai le sentenze possono essere messe in discussione “ma devono soltanto essere rispettate, se non si vogliono creare pericolosi precedenti che poi potranno essere sfruttati dai delinquenti veri”. E dunque, proprio nel rispetto di questa decisione dei giudici, è possibile che nelle prossime settimane Ganzer venga destinato ad altro incarico.

Reazioni – Il comandante generale Leonardo Gallitelli non gli ha fatto mancare il suo appoggio e il suo affetto. Sono amici da trent’anni, la loro carriera è corsa parallela, tra loro non servono molte parole per comprendere quale sia la situazione. Il giorno della condanna a Milano era prevista una conferenza stampa per illustrare i risultati di un’importante operazione contro la ‘ndrangheta. Fu subito chiaro che i pubblici ministeri non avrebbero gradito la presenza di Ganzer accanto a loro e lui decise di rinunciare. Un imbarazzo che ultimamente si è avvertito anche in altri uffici giudiziari, con alcuni magistrati preoccupati che una delegittimazione del generale avrebbe potuto avere effetti negativi anche sulle indagini. Un disagio che si percepisce di fronte al silenzio del ministro della Difesa Ignazio La Russa che ieri ha ritenuto di non dover intervenire pubblicamente per commentare le motivazioni e degli altri politici che non hanno speso neanche una parola di solidarietà nei confronti di Ganzer.