Valeria Solesin calvario, morta dissanguata… VIDEO

di redazione Blitz
Pubblicato il 23 Novembre 2015 - 09:37 OLTRE 6 MESI FA
Valeria Solesin calvario, morta dissanguata...

Valeria Solesin calvario, morta dissanguata…

VENEZIA -Un calvario, una morte lenta per dissanguamento. Valeria Solesin è morta così, tra le braccia del fidanzato Andrea all’interno del Bataclan. A 10 giorni dalla strage di Parigi emerge la verità sulla fine dell’unica vittima italiana. Valeria non era corsa verso l’uscita, non è stata freddata mentre tentava una fuga disperata. Impossibile che fosse dispersa, chissà dove, come sembrava il giorno dopo, quando ancora tutti la cercavano. La ricognizione del corpo fatta a Venezia, passaggio obbligato, ha fatto chiarezza sulla dinamica.

Valeria è stata colpita dalle prime raffiche di kalashnikov dei terroristi. Due pallottole l’hanno colpita, sparate dall’alto, dalla balconata: una l’ha colpita in faccia, tra lo zigomo e la mandibola sinistra, l’altra alla spalla sinistra, e questa ha perforato il polmone.

Ma ciò che ha davvero ucciso Valeria è stata l’attesa. Valeria è caduta a terra, cosa che istintivamente hanno fatto anche le persone con lei: Andrea Ravagnani, il fidanzato, che si è finto morto insieme alla sorella Chiara e al fidanzato di lei Stefano. Tutti a terra per sfuggire alle altre raffiche, Valeria abbracciata dal fidanzato. Solo che Valeria aveva due pallottole in corpo che l’hanno lentamente uccisa per dissanguamento.

Intorno a mezzanotte sono intervenute le teste di cuoio francesi all’interno del locale. Andrea, Chiara e Stefano vengono fatti andare via: non sono feriti gravemente e possono camminare sulle loro gambe. A questo punto nei tre scatta l’illusione che Valeria sia stata ricoverata in qualche ospedale insieme alle centinaia di feriti. Per questo per tutto sabato tutti la cercano, viva. Ma Valeria è morta, era già morta al Bataclan tra le braccia di Andrea.

Per tutto lunedì sarà aperta la camera ardente, martedì alle 11 ci sarà una cerimonia, laica, in piazza san Marco a Venezia, cosa che non succedeva dai tempi dei Dogi. Composti come sempre i genitori Luciana Milani e Alberto Solesin. Domenica, stringendo la mano ai tanti che sono venuti a rendere omaggio a questa studentessa della Sorbona, il papà ha detto: “Non sono una persona capace di odiare. È inutile ragionare su come sono andate le cose. Io non ho voluto sapere” ha detto Alberto Solesin, sottolineando che la figlia “aveva ben presente e molto alto il senso della giustizia”. Poi il gesto di apertura: “il funerale – ha concluso – sarà una cerimonia civile, una benedizione a me va benissimo, ma se un Imam vuole esprimersi per me va bene lo stesso, perché parlare di gente di ogni credo significa credere in valori che non sono divisi”.

Al Corriere della Sera il signor Solesin ha detto anche altro:

«Voglio tenermi lontano dalla contingenza del dramma, non voglio sapere come si è svolto. Ora non voglio entrare nei dettagli del dolore, dello scempio fatto nei confronti di mia figlia». Che era morta lo aveva capito subito. «Dalla notte di venerdì, quando siamo andati a dormire, anzi, che dico dormire, quando abbiamo spento la luce». Per lui non cambia nulla, adesso, sapere che è stata colpita dall’alto, da uno dei ballatoi del Bataclan, trafitta al volto e alla spalla, non si sa se da uno o due colpi, dissanguata tra le braccia di Andrea Ravagnani, il fidanzato. È stato lui, quel ragazzo allampanato con la barba da hipster rimasto in piedi immobile, per tutto il tempo, a guardare la bara in camera ardente, a fare la ricostruzione davanti ai carabinieri di Venezia, che hanno ascoltato anche la sorella Chiara e il fidanzato Stefano Peretti. In questi nove giorni senza Valeria – mamma Luciana li definisce con pudore «molto pesanti» – papà Alberto alterna «momenti sereni a momenti più duri». Il dolore sembra metabolizzato dalle cose da fare: «I primi due giorni sono stati di tormento, poi l’attesa di capire cosa fosse successo. Dopo siamo stati travolti dalla grande attenzione verso questa povera vittima tra le vittime, perché non posso dimenticare tutte le altre famiglie che stanno piangendo una persona scomparsa. Infine, abbiamo scoperto uno sforzo da parte delle istituzioni oltre l’impegno professionale: dalle autorità consolari, all’unità di crisi della Farnesina, ai veneziani, ho sperimentato una leggerezza di tratto che mi ha fatto vedere un’Italia migliore di quanto immaginiamo. Non volevamo far sfigurare nostra figlia».