Via D’Amelio, uno 007 indagato per la strage in cui morì Borsellino

Pubblicato il 21 Maggio 2010 - 09:26 OLTRE 6 MESI FA

La distruzione provocata dall'esplosione di un'autobomba in via D'Amelio a Palermo

Nella strage di via D’Amelio spunta un nuovo indagato: è un funzionario dei servizi segreti dell’Aisi, l’Agenzia di informazioni per la sicurezza interna, il vecchio Sisde. E’ nel registro della Procura di Caltanissetta per concorso nell’attentato del 19 luglio 1992, in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e cinque uomini della sua  scorta.

Secondo quanto ricostruito da Giovanni Bianconi sul “Corriere della Sera” questo nuovo uomo è già spuntato come testimone in altri processi, come quello dell’ex collega del Sisde Bruno Contrada,  condannato a dieci anni di carcere per concorso in associazione mafiosa.

L’autobomba di via D’Amelio fu piazzata dal boss di Brancaccio a Palermo, Gaspare Spatuzza. Proprio lui, divenuto collaboratore di giustizia, nell’interrogatorio del 17 dicembre 2008 a Firenze, aveva detto: «C’è una questione su via D’Amelio, che c’ho una figura di una persona che non avevo mai visto e che non conosco. Quando io consegno la 126 in questo garage (per metter l’ordigno), insieme a Renzino Tinnirello (“uomo d’onore” della cosca), c’è questa persona che io sconosco. Una figura che rimane in sospeso».

Anche i magistrati di Caltanissetta e il procuratore antimafia Pietro Grasso avevano sentito questo racconto durante le indagini e, ricorda Bianconi, Spatuzza specificò «che quando notò lo sconosciuto abbassò lo sguardo per mostrare di non averlo notato e di non essere interessato a sapere chi fosse».

Il boss di Brancaccio ha riconosciuto il funzionario dei servizi segreti in due foto mostrategli dagli inquirenti. Anche Massimo Ciancimino, il figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo, che sta testimoniando sugli equilibri tra il padre, la mafia e lo Stato ha riconosciuto due uomini dell’attuale dirigenza dei servizi segreti e ha indicato «due personaggi che secondo lui erano vicini al «signor Franco», l’uomo «di apparato » che incontrava sia suo padre che Provenzano». Una di quelle persone corrisponde alla foto già segnalata da Spatuzza.