India, omicidi politici nel Kashmir: vittime sono i panchayat musulmani

di Francesco Montorsi
Pubblicato il 31 Ottobre 2012 - 07:17 OLTRE 6 MESI FA
Foto Lapresse

KASHMIR, INDIA – Il 23 settembre 2012, Mohammad Shafiq Teli è stato ucciso da ignoti in un villaggio del Kashmir, nella regione settentrionale dell’India. Nel giorno in cui è stato ucciso, Teli stava lavorando alla costruzione di un sistema fognario, in qualità di membro del panchayat locale.

I panchayat sono una forma di organizzazione democratica, tipica dell’India e di altre regioni del sud-est asiatico, assemblea locale che rappresenta il primo livello di democrazia rappresentativa. Presenti nella quasi totalità dello stato indiano, era da tre decenni che non esistevano in Kashmir, regione frontaliera tra India e Pakistan, celebre per i conflitti che l’hanno segnata.

L’anno scorso, nonostante le minacce di violenze, una grande massa di abitanti, per la maggior parte contadini, si erano recati ai seggi per eleggere i consigli locali, in quella che era stata una vittoria per la democrazia di base. All’indomani delle elezioni, i pubblici ufficiali appena eletti si erano messi al lavoro, spesso riprendendo progetti abbandonati da anni.

Tra questi Mohammed Shafiq Teli, abbattuto da colpi di pistola mentre usciva dalla moschea. Ad aggravare il quadro il fatto che la morte di Teli seguiva di poco quella di un altro leader panchayat, ammazzato giorni prima in un villaggio vicino. Nel contempo apparivano sui muri dei poster che intimavano ai panchayat di abbandonare i loro posti. Nelle scorse settimane, presi dal panico, terrorizzati dalla concreta minaccia, centinaia di pubblici ufficiali si sono affrettati a rassegnare le dimissioni. Molte assemblee locali sono state costrette ad interrompere i loro lavori.

Il Kashmir è da anni il teatro di un sanguinoso conflitto che ha opposto più volto l’India, a cui il Kashmir appartiene, e il Pakistan, che ne contende la sovranità. I due stati si sono opposti per questa regione prevalentemente musulmana fin dal tramonto dell’impero britannico nel 1947. Qui sono stazionate diverse migliaia di soldati dell’esercito indiano per prevenire la minaccia pakistana e per reprimere sul nascere i moti indipendentisti locali. Solo nel 2010, il malcontento ha portato a scontri tra la popolazione locale, armata di sassi e bastoni, e l’esercito regolare, che ha sparato e ucciso più di un centinaio di manifestanti. Dopo i sanguinosi disordini, la calma regnava di nuovo e le tanto attese elezioni dei panchayat sembrava rappresentare il suggello della tranquillità ritrovata.

Chi sono i responsabili dei crimini politici? Chi ha interesse a sabotare il processo democratico locale nella regione e con quale scopo? In un primo momento, dirigenti politici indiani hanno puntato il dito contro i gruppi indipendentisti locali. Nella regione e al di là, nelle zone di confine del Pakistan, sono impiantate diverse fazioni terroriste particolarmente attive, autrici di sanguinosi attacchi, come quelli di Mumbai del 2008. I separatisti hanno negato però la loro implicazione negli omicidi. In effetti, sembrerebbe che la radice del conflitto non debba essere cercata nel contesto geopolitico.

Nonostante le indagini della polizia siano solo agli inizi, sembrerebbe che gli omicidi siano legati a degli interessi locali. Poiché per decenni i panchayat, le assemblee locali, non sono esistite, un’intera generazione di politici ha fatto strada senza dovere confrontarsi con questo gruppo di rappresentanti locali. In una regione in cui la violenza è una parte importante della vita pubblica, qualcuno potrebbe aver pensato di poter ritornare allo status quo precedente con una seria di assassinii politici.