Corte dei Conti: meno Stato, meno tasse, austerity per adeguarsi al fiscal compact

di Redazione Blitz
Pubblicato il 26 Giugno 2014 - 17:41| Aggiornato il 27 Giugno 2014 OLTRE 6 MESI FA
Corte dei Conti: meno Stato, meno tasse, austerity per adeguarsi al fiscal compact

La relazione dei giudici della Corte dei Conti che hanno dato l’ok al bilancio dello Stato 2013 (LaPresse)

ROMA – La Corte dei Conti dà l’ok al bilancio 2013 dello Stato italiano ma prescrive una ricetta economica fatta di austerity, tagli al welfare e alla pubblica amministrazione. Invitando a tagliare la spesa pubblica, a ridurre i servizi, gli ambiti di competenza e l’apparato della pubblica amministrazione, ad adeguare l’ordinamento dello Stato al Fiscal Compact, a continuare sulla strada dell’austerity, a redistribuire il carico delle tasse alleggerendo lavoratori e imprese, a combattere la corruzione, che “è ovunque”.

I giudici contabili insomma invitano a perseguire una politica di tagli proprio mentre si è accesa la polemica sui costi della Corte dei Conti stessa.

“Ridisegnare e ripensare i confini della Pubblica amministrazione”. Ovvero meno Stato e meno welfare. È la ricetta che propone Enrica Laterza, presidente di coordinamento delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti, secondo la quale bisogna “ridisegnare e ripensare i confini della P.a., comprese le modalità di prestazione dei servizi alla collettività, dalla salute all’istruzione”. Perché con la spending review “non si tratta solo di eliminare gli sprechi ma di affrontare il tema del ‘perimetro’ pubblico”.

Il rilievo assegnato ai tagli di spesa, anche nella prospettiva dei prossimi anni, – ha sottolineato la Laterza – induce a considerare con attenzione i risultati del bilancio dello Stato del 2013, al fine di definire con chiarezza gli spazi di azione riconducibili al processo di spending review. L’impegno prioritario è di natura riorganizzativa all’interno degli apparati pubblici. Un impegno che richiede interventi volti a semplificare l’impalcatura istituzionale, a rivedere le competenze tra livelli di governo e a ridimensionare drasticamente le strutture di rappresentanza e amministrative“. Tuttavia, “gli interventi sulla spesa pubblica e sull’azione di razionalizzazione delle strutture amministrative vanno intesi anche nel significato, più impegnativo e complesso, di ripensamento dei confini entro cui opera l’Amministrazione pubblica, delle modalità di prestazione dei servizi alla collettività e delle modalità di accesso agli stessi, in un contesto sociale e demografico profondamente mutato”. Si tratta, ha proseguito, di un impegno che può essere affrontato “solo alla luce di una chiara strategia di governo della spesa e di selezione dei terreni su cui è chiamato ad incidere l’intervento pubblico. Un ridisegno, quindi, frutto di una forte volontà politica e di un profilo ben definito di quello che deve essere il sistema pubblico dei prossimi decenni. Non si tratta solo di eliminare gli sprechi e di riorganizzare le modalità di produzione e di accesso ai servizi. Occorre affrontare direttamente il tema della sostenibilità futura di un sistema di prestazioni di servizi alla collettività (dalla salute e l’istruzione alle imprese e all’ambiente) originariamente concepito in un contesto economico, sociale e demografico più favorevole“.

Quanto agli statali, la ricetta proposta dalla Laterza è quella della mobilità: nella P.a bisogna avere “la capacità di ripensare l’organizzazione stessa delle funzioni pubbliche, attraverso l’effettiva attivazione di estesi meccanismi di mobilità e il concreto approntamento di moderni sistemi di incentivazione della produttività”.

Continuare con l’austerity per ridurre il debito pubblico. Quindi secondo la Laterza va bene sostenere la crescita ma senza abbandonare la strada “maestra” (secondo le politiche seguite dai governi italiani negli ultimi anni) dell’austerity, perché la priorità secondo la Corte dei Conti è ridurre il debito pubblico. Bisogna insomma dare impulso alla crescita ma “orientando le leve di bilancio verso obiettivi che superino il solo rigore, ma restando entro profili compatibili con i vincoli Ue e soprattutto con l’urgenza di riassorbire l’eccesso di debito”, che ci rende più “vulnerabili”.

Meno tasse per lavoro e imprese. Nel 2013 la pressione fiscale è diminuita di due decimi di punto ma a questa “non si è accompagnata una redistribuzione del carico tributario a favore di redditi da lavoro e impresa”, decisiva per la ripresa economica.

Adeguarsi al fiscal compact. Lo dice il presidente della Corte dei Conti Raffaele Squitieri, secondo il quale è necessario adeguare “il nostro sistema ordinamentale al quadro normativo europeo, legato essenzialmente al Fiscal Compact. Va peraltro tenuto presente che non si è ancora avviato l’iter volto ad adeguare la legge di contabilità al mutato quadro costituzionale e ordinamentale“, ha aggiunto. “La conseguenza è che manca un’aggiornata cornice cui ancorare il quadro legislativo ordinario”. Si evidenzia quindi “l’urgenza di un adeguamento del vigente ordinamento al nuovo sistema costituzionale: tema questo in ordine al quale la Corte non può che riconfermare la più ampia disponibilità a mettere a disposizione il massimo impegno professionale e le proprie competenze tecniche”.

Corruzione ovunque. Oltre alle ricette economiche, i giudici della Corte dei Conti hanno fotografato anche uno dei problemi più grandi in Italia, la corruzione, che secondo il procuratore generale Salvatore Nottola “può attecchire ovunque e nessuno ne è indenne”: “La corruzione può attecchire dovunque: nessun organismo e nessuna istituzione possono ritenersene indenni” e “nessuna istituzione che abbia competenze pubbliche può ritenersi scevra di responsabilità di fronte al suo dilagare”.

La corruzione, ha sottolineato Nottola, “è uno dei fattori che condizionano gravemente l’economia del Paese, al pari dell’evasione fiscale, dell’economia sommersa e della criminalità organizzata: fra l’altro, è singolare come questi quattro fenomeni siano collegati e a volte s’intreccino. La gravità del fenomeno – sul quale azzardare delle cifre sarebbe impossibile ed inutile ma che sicuramente condiziona pesantemente lo sviluppo dell’economia anche per l’effetto deterrente che ha sugli investimenti ed in particolare su quelli delle imprese straniere – richiede una seria riflessione sui contesti che lo favoriscono e sulla sufficienza ed efficacia dei rimedi che solitamente vengono apprestati. Impone – ha proseguito il procuratore generale – anche una chiara denuncia delle cause”.

Dalla riflessione “risulterà che la corruzione può attecchire dovunque: nessun organismo e nessuna Istituzione possono ritenersene indenni o al riparo e quindi esenti da obblighi di vigilanza. Inoltre nessuna Istituzione che abbia competenze pubbliche può ritenersi scevra da responsabilità di fronte al suo dilagare”. Per un efficace contrasto alla corruzione si deve considerare che “i contesti in cui essa ha occasione di svilupparsi sono i più vari, non si limitano al mondo degli appalti né all’aspetto della illecita dazione di danaro o di benefici: essa trova facile terreno nell’evasione fiscale e nell’economia sommersa ed è un mezzo congeniale agli ambienti criminali. Insomma, il suo terreno di coltura è la illegalità in tutte le sue forme”. Un efficace contrasto alla corruzione richiede dunque l’individuazione di tutti i casi che possono derivare dalla corruzione o accompagnarla. Nottola cita nomine pubbliche al di fuori delle regole, incarichi fiduciari, consulenze illecite o superflue. “Va posta attenzione alle situazioni che favoriscono o celano accordi illeciti: ritardi nelle opere pubbliche che giustificano poi il ricorso a leggi eccezionali, perizie di variante in corso d’opera di dubbia utilità che possono celare dazioni illecite, opacità dell’Amministrazione ed eccesso di oneri burocratici”.