Europa: dal 2013 mai più pagamenti in ritardo, termine massimo 60 giorni. Lo Stato italiano ci mette in media sei mesi

Pubblicato il 20 Ottobre 2010 - 20:25 OLTRE 6 MESI FA

Per lo Stato italiano, pessimo pagatore con i fornitori privati, il conto alla rovescia è cominciato: la Pubblica amministrazione ha due anni di tempo per mettersi al passo con le nuove norme sui pagamenti varate oggi, 20 ottobre, dal Parlamento europeo.

Dal 2013, infatti, se non pagherà le fatture entro 30 o al massimo 60 giorni si vedrà caricata di interessi di mora pari, come minimo, all’8% (più il tasso di riferimento della Bce).

Una “rivoluzione” che riguarda anche i rapporti tra privati, un campo nel quale fissa un limite massimo di 60 giorni. Lasciando però le parti libere di concordare termini diversi, purché non siano iniqui.

Per la pubblica amministrazione italiana si tratta di una vera e propria corsa contro il tempo, mentre per le imprese potrebbe significare una svolta epocale.

Il nostro Paese guida la classifica dei “cattivi pagatori” con un ritardo medio stimato in 186 giorni (oltre sei mesi, per intenderci), ma che arriva a superare i 600 giorni nel caso delle forniture a strutture sanitarie come usl e ospedali.

Le stime sull’ammontare complessivo degli arretrati e sul loro costo si sprecano. A Bruxelles fonti comunitarie parlano di debiti non onorati per circa 30-40 miliardi di euro, di cui gran parte imputabili al settore sanitario. Un importo che arriva a sfiorare i 70 miliardi nelle stime riprese anche dalla Cgia di Mestre: secondo l’associazione veneta, il costo di questi arretrati che grava sulle imprese è pari a circa 10 miliardi, che salgono a 27,8 in base ai dati dell’European Payment Index, per il quale nell’ultimo anno l’ammontare è lievitato del 74% in più rispetto alla precedente rilevazione.

Quel che è certo è che la posta in gioco, per i conti pubblici, è enorme e il tempo a disposizione per mettersi al passo con le nuove norme Ue è limitato.

Le reazioni. ”Le nuove regole consentiranno alle imprese di recuperare risorse necessarie per innovarsi e crescere”, ha rilevato il commissario Ue all’industria Antonio Tajani, ricordando che l’entrata in vigore della direttiva consentirà alle aziende, in gran parte medie e piccole, di usufruire, a livello europeo, di una maggiore liquidità per 180 miliardi di euro.

Per la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, la direttiva ”è un vero passo avanti” e ”un reale aiuto per le Pmi in un momento in cui la restrizione del credito crea ancora problematiche”. Se poi la pubblica amministrazione ”inizierà a rispettare le regole, sarà un esempio per tutti gli altri attori economici”.

Mario Baldassarre, europarlamentare Pdl vicepresidente della commissione giuridica, ha evidenziato che la direttiva contro i ritardi di pagamento ”costituisce una proficua misura anticiclica e un supporto alle aziende, soprattutto alle Pmi”. Ed ha anche il merito di ”costringere le amministrazioni a maggiore efficienza e moralità nel loro agire, oltre a contribuire all’omogeneità del mercato unico e della libera concorrenza”.

Per l’europarlamentare Pd Francesco De Angelis, uno dei relatori del provvedimento, l’Italia dovrebbe ora procedere il prima possibile al recepimento della nuova norma Ue. Sebbene i rischi per la finanza pubblica siano evidenti. ”Ma è una scommessa sul futuro che non possiamo permetterci di perdere”, ha chiosato il capo della delegazione Pdl all’europarlamento, Mario Mauro. ”E’ impensabile che un Paese come l’Italia non riesca a mettersi in regola. Soprattutto considerando che oggi un’impresa su quattro rischia di fallire proprio a causa dei ritardi nei pagamenti”.