Fiat, Epifani: “Colpe di Marchionne, azienda e governo. Ora evitare lo stallo”

Pubblicato il 17 Gennaio 2011 - 10:10 OLTRE 6 MESI FA

Guglielmo Epifani

”C’è il rischio di una lunga fase di stallo. E’ ora di smetterla di fare il tifo, bisogna provare a usare la testa. Tutti capiscono che non si può lasciar fuori dalla fabbrica chi rappresenta la metà degli operai”. Così, dopo il referendum di Mirafiori, l’ex segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani, spiega la sua posizione in un’intervista al quotidiano La Repubblica.

Secondo il sindacalista  ”la prima mossa, a questo punto, toccherebbe a Marchionne” mentre la vicenda di Mirafiori è  ”un sintomo del provincialismo italiano”.  ”Marchionne – spiega Epifani – propone un modello, quello del sindacalismo aziendale, che è stata una delle cause del fallimento della Chrysler”.

Ma le critiche dell’ex leader Cgil non risparmiano neanche l’azienda di Torino,  colpevole, a suo giudizio,  di ”aver provato a scegliere i sindacati al posto dei lavoratori”. In questa situazione, denuncia l’ex leader sindacale, ”il governo ha fatto il furbo, prima lesinando alla Fiat quegli incentivi che tutti gli altri Paesi europei hanno concesso nella fase più difficile della crisi, e poi diventando tifoso quando ha capito che lo scontro tra il Lingotto e i sindacati poteva favorire la divisione e isolare la Cgil”.

Per Epifani, ”il risultato raggiunto nel referendum obbliga la Fiom ad andare avanti per la sua strada”, anche se ”bisognerà trovare il modo di evitare che a Mirafiori il 46% dei lavoratori sia senza rappresentanza”. Per questo ”tutti dovrebbero smetterla di fare i tifosi. Innanzitutto la Fiat”, ma anche Confindustria, secondo Epifani, con Marcegaglia che ”rischia di celebrare una vittoria di Pirro che può aprire la strada allo sfaldarsi progressivo dell’associazione degli imprenditori”.

Infine Cisl e Uil, ”consapevoli che così non si va da nessuna parte”. Dal Pd, conclude Epifani, ”mi aspetto che metta la questione della rappresentanza in cima alla sua agenda, cercando di far approvare una legge in Parlamento che eviti di lasciare senza voce la metà dei lavoratori della Fiat”.