Fiat Mirafiori, il piano Marchionne: “280 mila suv Alfa- Chrysler, referendum e politica fuori dalla porta”

Pubblicato il 26 Novembre 2010 - 11:39 OLTRE 6 MESI FA

Sergio Marchionne

Join venture con Chrysler, 280 mila pezzi di un Suv a marchio Alfa-Chrysler da farsi nello stabilimento industriale di Mirafiori. Questi due dei punti principali del piano Fiat Mirafiori presentato da Sergio Marchionne al vertice con i sindacati. Piano che l’ad di Fiat vorrebbe condiviso al punto da pensare ad un nuovo referendum.

”Sono loro – ha detto il manager ai sindacati – che avranno la responsabilità e il privilegio di trasformare Mirafiori in un impianto di livello internazionale. Potrebbe essere utile a tutti noi, in questa sala, sapere direttamente da loro, magari tramite un referendum, che cosa ne pensano”.

Non c’è spazio, invece, per la politica. ”L’appello che vorrei fare a tutti voi – ha detto Marchionne – è quello di tenere la politica fuori dalla porta e gli estremismi lontani dalla fabbrica; di lasciare le prove di forza ai deboli. Portiamo invece a questo tavoloidee e proposte, portiamo la voglia costruttiva e l’impegno di fare qualcosa di valore. Portiamo anche la disponibilità a rinunciare a qualcosa, nessuno escluso, in vista di un obiettivo piu’ alto di un titolo su un giornale. Lo dobbiamo in primo luogo ai nostri lavoratori”.

Ai sindacati Marchionne spiega: ”Siamo disponibili al dialogo, ma una cosa deve essere chiara e condivisa sin dall’inizio. Dobbiamo impegnarci, tutti quanti, per garantire le migliori condizioni di governabilità dello stabilimento”.  Secondo l’ad Fiat, infatti, ”la prima e la più importante responsabilità da assumere è quella che, una volta raggiunto un accordo su queste modalità, dobbiamo rispettarlo. Un dovere che va preso con serieta’ e coscienza. Questa e’ una sfida tra noi e il resto del mondo e si puo’ vincere solo se tutti le forze si uniscono e lavorano nella stessa direzione, solo se c’e’ una reale condivisione di intenti”.

Trattativa coi sindacati sì, insomma, ma con l’obiettivo di ”stringere i tempi il più  possibile”. ”Non possiamo permetterci – ha detto – di passare mesi a discutere, ci sono ragioni industriali che non possono aspettare, se vogliamo avviare gli investimenti e far partire il progetto. Ci sono anche ragioni di serieta’ e responsabilità che spingono verso una soluzione rapida”.