Atene salva, debito dimezzato. Cosa significa swap e chi paga

Pubblicato il 9 Marzo 2012 - 09:33 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Atene è salva grazie alla riuscita dello swap. Come nel caso di spread, una parola che si diffonde come un virus ma comprensibile realmente solo agli addetti ai lavori. Intanto, in inglese il termine indica uno scambio, sui giornali economici italiani più facilmente tradotta con “concambio”. In questo caso tra debitore e creditore. La Grecia è il grande debitore. Banche, compagnie di assicurazione, fondi di investimento, sono i creditori privati. Questo scambio è il più grande finora mai realizzato nella storia della finanza. I creditori privati hanno accettato di non volere indietro tutti i soldi investiti in titoli di stato greci. In particolare hanno accettato perdite nominali pari al 53,5%, ma pari in termini reali a oltre il 74% sul complessivo gigantesco debito greco di 206 miliardi. In cambio, la Grecia assicura i creditori che riceveranno nuovi bond con un valore pari al 31,5% di quelli attualmente detenuti con un tasso del 2% fino al 2015, del 3% fino al 2020, del 4,3% fino al 2042. Insomma Atene ripagherà una piccola parte del suo enorme debito in trent’anni. Dov’è la convenienza? Non c’è, ma la crisi greca rischiava di travolgere l’Europa. Il salvataggio che ha consentito di tagliare da 206 a 107 miliardi il debito privato di Atene ha evitato il default della Grecia che sarebbe costato mille miliardi (la stima è Institute for international finance) minacciando la stabilità dei titoli di Stato di Spagna, Portogallo e Italia. In particolare gli istituti di credito, possessori di massicce quantità di bond greci, avrebbero visto moltiplicate le perdite potenziali. Per questo anche i mercati finanziari, cioè banche, assicurazioni, hedge fund, hanno accettato il sacrificio di tre quarti del loro investimento. Ai privati verranno inoltre girati buoni biennali del fondo salva stati Efsf che copriranno un altro 15% e obbligazioni legate alla crescita del Pil ellenico. Chi decidesse di non aderire, per esempio un piccolo investitore? In pratica non può. Il livello di adesione necessario per ridurre il debito greco al 120% rispetto al Pil (diciamo grossomodo ai livelli attuali del debito italiano rispetto al suo Pil) entro il 2020 è fissato al 95%. Solo a queste condizioni Europa e Fondo Monetario sbloccheranno il secondo pacchetto di aiuti da 130 miliardi di euro. Superata la soglia del 90% di adesione l’accordo va automaticamente in porto. La soglia minima era del 75%. Nella mattina di venerdì 9 marzo ha raggiunto il 95,7%. Atene si è riservata delle clausole di azione collettiva Cac, per rendere obbligatorio lo scambio. Sono clausole differenti a seconda se l’investitore sia sottoposto a legislazione greca o straniera. Diciamo che che chi non abbia aderito, aspettando che la soglia globale di adesione superasse il 90% ha fatto bene. Infatti, superata quella soglia, lo scambio viene considerato volontario e il restante 10% va all’incasso senza aver dovuto pagare pegno. Tra gli italiani le Generali hanno perso 328 milioni, IntesaSanpaolo 593 e Unicredit 316. Si consoleranno con i mille miliardi prestati dalla Bce alle banche per tre anni con un tasso all’1%.