Pensioni, pannoloni e accompagno: l’albero storto dello Stato sociale

di Lucio Fero
Pubblicato il 25 Maggio 2011 - 13:51 OLTRE 6 MESI FA

ROMA-Lo scorso anno se ne sono andati in pensione 174.729 persone che non avevano 60 anni di età. E l’Inps regolarmente pagherà loro la pensione vita natural durante, cioè per circa venti anni e, medicina, salute e buon augurio permettendo, anche di più. Quando il sistema delle pensioni fu pensato e allestito si studiava fino ai 18/20 anni, si lavorava più o meno dai 25 ai 60 anni e in pensione si restava in media per un quindicennio. E’ dunque un ramo ben storto quello dell’albero dello Stato sociale che mette in pensione persone che i sessanta non li hanno neanche compiuti. Storto economicamente, anche se l’Inps dice che i conti torneranno anche in futuro. Soprattutto socialmente storto perché quei quasi sessantenni non spariranno, non si ritireranno dal mercato del lavoro, faranno concorrenza di fatto sleale ai loro figli e nipoti, continuando a lavorare in nero e in grigio. E d’altra parte solo pochi di loro potrebbero fare altrimenti, perchè l’albero dello Stato sociale è storto due volte, anzi di più.

La seconda stortura è che in Italia il 50,8 per cento delle pensioni “regala” a chi ne “gode” ben tredici versamenti annui di circa 500 euro l’uno. Abbiamo tra le pensioni più basse d’Europa. Ma la terza stortura è che abbiamo, contando solo quelle in carico all’Inps, circa 20 milioni di pensioni pagate: 16 milioni e passa frutto di contributi versati, due milioni e settecentomila di invalidità. Una pensione ogni tre abitanti, neonati compresi. La quarta stortura è che pensionati sono il 23 per cento della popolazione, questo vuol dire che molti sono titolari di più di una pensione, anche se misera. Pensioni che in grandissima parte non corrispondono ai contributi versati, infatti ancora nel 2010 il loro ammontare veniva calcolato per via “retributiva” e non “contributiva”. Totale della spesa pensionistica Inps nel 2010: 177 miliardi e spicci. Un mare di denaro che plasticamente realizza l’immagine del “dividi per tanti grande ricchezza e diventa povertà”. E ancora la più grande stortura per ora ancora nascosta: chi oggi lavora a singhiozzo, a basso salario e domani avrà tutta la pensione calcolata sui contributi versati, avrà di fatto pensioni sotto il limite della sopravvivenza. I conti delle pensioni oggi tengono, ma per i giovani le pensioni le stiamo abolendo.

Ogni ramo, anche il più piccolo, nascosto e trascurato dello Stato sociale è storto. Le Asl forniscono gratuitamente i pannoloni agli anziani, si chiamano “presidio medico” e quindi sono gratis. Vogliamo togliere i pannoloni agli anziani che ne hanno bisogno? Neanche per sogno. Ma che faremo quando, presto, gli ultra sessantacinquenni saranno 20 milioni e i pannoloni saranno la croce di tre, cinque, sette milioni di anziani? Davvero sarà diritto a dritto fornirli gratis a tutti? Anche a quelli che possono pagarseli? E anche il cosiddetto “accompagno”, l’assegno che lo Stato sociale versa all’anziano con alta percentuale di invalidità per pagarsi un assistente, anche questo potrà essere erogato a tutti, sulla base di un certificato medico e prescindendo dal reddito reale dell’anziano?

L’albero dello Stato sociale è storto, ormai è storto rispetto alla società che dovrebbe sorreggere. E non lo raddrizzi tagliando e potando, non è più questione di “tagli”, di meno soldi qua e là. Non è vestito la cui stoffa possa essere tagliata e ridotta. Bisogna “vestirsi” in altro modo, passare dal giacca e pantaloni al jeans che costa meno ma soprattutto è più utile e comodo. Fuor di metafora non vanno tagliate le pensioni ma occorre impedire che si possa stare in pensione, spesso di fame, per un quarto di secolo. Impedire che il paese di una pensione su tre cittadini diventi già domani il paese dei pesnsionati e dei precari con in mezzo la minoranza di chi lavora davvero e in regola. Farla finita con l’egualistarismo indifferenziato dei “presidi sanitari” che rischia di trasformarsi, già si trasforma, in pannoloni e accompagni gratis per tutti e sanità d’eccellenza solo per gli abbienti. E farla finita con la mentalità del “io, solo io, speriamo che me la cavo…”. Vasto programma, troppo vasto per l’Italia?