Recessione. Monti chieda moratoria su disavanzo e pil: si può

Pubblicato il 25 Dicembre 2011 - 10:19 OLTRE 6 MESI FA

Il presidente del Consiglio Mario Monti

Una lettera di Natale molto speciale è stata scritta dall’economista Gustavo Piga, professore all’Università di Roma Tor Vergata.

La lettera non è indirizzata, come nella tradizione, a Gesù Bambino o a Babbo Natale, ma al presidente del Consiglio italiano Mario Monti, autore di una manovra fiscale che ci ha rovinato le feste, ha messo in ginocchio l’economia e rischia di farci camminare curvi chissà per quanto.

Nella “lettera” non si chiedono regali ma l’applicazione di una clausola del trattato europeo, quello che vincola i vari Stati a un certo rapporto tra debito nazionale e prodotto lordo (l’equivalente del rapporto fra il nostro stipendio e i nostri debiti che la banca ci chiede per darci un mutuo). Nel trattato c’è scritto che, in condizioni di crisi, gli stati possono chiedere, come misura temporanea e eccezionale, di non essere costretti al rigido rispetto degli obblighi.

In altre parole, gli stati possono chiedere una moratoria.

L’appello è stato lanciato on line, nel nuovo blog dello stesso Piga, e vi hanno aderito, in pochi giorni, decine di studiosi di economia e docenti di economia italiani.

Gustavo Piga è stato il primo a rivelare, con un articolo su una rivista specializzata americana, il complesso rapporto tra stati come l’Italia e il mega sistema bancario americano, che ha portato alla crisi di questi giorni. Dopo anni di silenzio, sia da destra sia da sinistra perché a nessuno conveniva metterere il dito sulla piaga, un giornale americano, il Wall Street Journal, alcuni mesi fa, divulgò la storia, da Blitzquotidiano anticipata nel 2010.

La sintesi dell’appello di Piga è: “Siamo in recessione. Raggiungere il bilancio in pareggio nel 2013 – che peggiora la recessione e non ci aiuta con i mercati e con gli spread – non è più necessario ai sensi della normativa europea. Scriviamo a Monti che si appelli alla normativa per negoziare con Bruxelles e con il Consiglio Europeo una politica fiscale meno recessiva”.

Di conseguenza il Governo italiano deve attivarsi “presso la Commissione Europea ed il Consiglio Europeo al fine di riconoscere all’Italia, a causa di una grave recessione economica, la possibilità di superare il valore di riferimento del rapporto disavanzo pubblico-PIL 2012 in via eccezionale e temporanea, restando il rapporto vicino al valore di riferimento. Ciò allevierà la trappola perversa dell’austerità. Il non farlo è scelta politica”.

Il senso della lettera di Natale – appello a Mario Monti è spiegato in un articolo dello stesso Piga. L’articolo, nella sua fredda esposizione, quasi da lezione universitaria, è drammatico e dà i brividi.

Scrive Piga: “L’Istat comunica che nel terzo trimestre del 2011 il prodotto interno lordo (PIL) è diminuito dello 0,2% rispetto al trimestre precedente. L’OCSE e la Commissione Europea, prima dell’annuncio della manovra Monti, prevedevano una crescita 2012 negativa per l’Italia dello 0,5%. Il Governatore della Banca d’Italia ha commentato che a tali stime va aggiunto l’impatto addizionale e negativo dell’attuale manovra”.

Il Governo Monti, però, ha trascurato di adeguare quelle stime tendenziali di OCSE e Commissione Europea in modo da tener conto dell’impatto della manovra: “Se l’avesse fatto, valutando che non avrebbe raggiunto il pareggio di bilancio nel 2013 a causa delle minori entrate e maggiori uscite generate dalla recessione avrebbe dovuto ulteriormente aumentare la tassazione e ridurre le spese. Nel fare ciò avrebbe ulteriormente contribuito ad ampliare il calo della produzione e del reddito, allontanandosi sempre più dall’agognato equilibrio dei conti, come un Achille destinato a non raggiungere mai la tartaruga”.

Gustavo Piga aggiunge una notizia sfuggita a quasi tutti: “Il quinto rapporto del Fondo Monetario Internazionale sulla situazione delle Grecia illustra drammaticamente gli effetti perversi dei consolidamenti fiscali in questa fase negativa del ciclo. Manovre draconiane, riconosce il Fondo, stanno rendendo più difficile l’equilibrio fiscale ellenico, mentre cresce sempre più il rapporto debito pubblico PIL, anziché calare. Le stesse riforme non decollano perché ogni riforma, è ben noto, ha bisogno di un ambiente volto alla crescita per essere portate avanti”.

Prosegue l’articolo: “I mercati sanno molto bene tutto ciò e riconoscono che senza crescita perseguire la stabilità dei conti è illusorio. Gli spread italiani rimangono alti malgrado la manovra, o forse a causa della manovra. Premiano piuttosto piani di politica economica come quelli della Spagna, in cui il raggiungimento degli obiettivi di pareggio è più distante nel tempo, l’attenzione alla coesione sociale in un momento difficile è maggiore, la spesa per le fasce più deboli non è diminuita e l’esistenza di un piano operativo per gli sprechi e migliorare la domanda pubblica è chiaramente esplicitato”.

Conclusione: “L’Italia è dunque in recessione e deve convincere i mercati che saprà uscirne fuori generando quella stabilità che si alimenta solo se vi è crescita. Non a caso lo stesso Trattato dell’Unione Europea prevede che qualora determinato da una grave recessione economica, il superamento del valore di riferimento per il disavanzo pubblico, considerato eccezionale e temporaneo, è possibile”.