Napo a Napoli, marruccino a Chieti. Scec: buoni sconto non moneta alternativa

Pubblicato il 19 Giugno 2012 - 12:52 OLTRE 6 MESI FA

Buoni sconto al portatore: gli scec

ROMA – A Napoli il “napo”, in Val di Non il “nauno”,  nel quarto municipio a Roma lo “scec”, il toc a Pordenone e poi il marruccino a Chieti e il kro, il tau…Assomigliano alle banconote del Monopoli ma chiamarle valute alternative è impreciso, oltre che esagerato, E in considerazione che stampar moneta per l’Italia è una prerogativa esclusiva della Banca centrale europea. La definizione corretta in effetti è quella di buoni sconto al portatore. Una pratica che molte amministrazioni locali stanno diffondendo sempre di più al fine di tutelare il potere di acquisto dei cittadini e porre un argine alla crisi dei consumi.

A Napoli il sindaco De Magistris ha introdotto il napo: in autunno distribuirà napo per un controvalore di 70 milioni di euro. Alle famiglie in regola con le tasse andrà un pacchetto di 250 napo a testa, dal valore virtuale di 250 euro. Non sono banconote che si possano incassare o trattenere, valgono solo buono sconto del 10% per gli acquisti in un determinato circuito di negozi. Spiega l’assessore al Commercio Marco Esposito: “Così rilanceremo il commercio locale – sostiene – portando spesa nella nostra comunità. Nei negozi associati si farà la spesa pagandola per il 90 per cento del prezzo in euro, e per il 10 per cento in Napo. Il venditore che accetta i Napo, li riutilizzerà a sua volta in altri esercizi del circuito”. Fidelizzazione del cliente e spesa nei piccoli esercizi commerciali invece che nella grande distribuzione sono gli obiettivi perseguiti.

A Roma lo scec è organizzato su più larga scala ed è già funzionante, con i buoni sconto che raggiungono anche il 30% spendibili anche in un circuito di professionisti (medici, avocati ecc..). Una soluzione alternativa e dal basso per divincolarsi dalle spire della crisi? A parte alcuni aspetti anche psicologici positivi non irrilevanti, le maggiori riserve giungono dalla Guardia di Finanza, incaricata dal Tesoro a vederci chiaro. Il lato oscuro degli scec sta nello scontrino non battuto. Per quanto in buona fede il mancato scontrino rappresenta il mercato nero. Il barista che accetta il 20% del conto in scec, così come il grossista che rifornisce i ristoranti e accetta anche lui le nuove monete, sottraggono non solo al fisco, ma all’economia reale il 20% degli introiti.

Significa, banalmente e ovviamente, 20% di economia nascosta, con benefici immediati per chi paga meno il cappuccino come per chi paga meno tasse ma, come ogni forma di evasione, per quanto eticamente corretta possa sembrare, con benefici zero sul lungo periodo. Quel 20% di risparmi è fatto togliendo soldi alla Stato, alla comunità, cioè a tutti. Togliendo soldi proprio a quel territorio che i promotori degli scec vorrebbero difendere facendovi rimanere i soldi.