Super stipendi, il tetto-Monti fa acqua. Anche lì vale la media europea

Pubblicato il 27 Febbraio 2012 - 10:23| Aggiornato il 28 Febbraio 2012 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Il tetto-Monti agli stipendi dei supermanager di stato fa acqua da tutte le parti, il limite fissato a 295 mila euro lordi l’anno deciso dal governo rischia di non poter essere applicato. Limite che non tiene conto di una norma del precedente governo, quella che avrebbe dovuto equiparare gli stipendi degli alti dirigenti pubblici alla media europea.

Dimenticanza incomprensibile: la commissione Giovannini era stata istituita dal ministro Tremonti nell’agosto 2011 con il compito di fornire “le informazioni per livellare, rispetto alla media europea, le retribuzioni di cariche elettive e di figure apicali nella Pubblica Amministrazione”. Compito di difficile realizzazione, certo, ma il cui scopo è sufficientemente chiaro da non giustificare il pastrocchio successivo.

Il tetto Monti dovrà tener conto oppure no dei risultati che scaturiranno dall’inchiesta in Europa di Giovannini? Non conosciamo quelle medie, ma, per dire, in Francia l’omologo di Giuseppe Vegas alla autorità di controllo dei mercati finanziari prende 150 mila euro lordi annui, dopo che nel 2010 alla sua busta paga è stata applicata una riduzione del 35%. Prima di allora era il più pagato: adesso il commissario alla sanità francese prende di più, 206 mila euro lordi, così come il suo collega all’energia, 192 mila euro lordi. Un ministro non può arrivare a più di circa 330 mila euro lordi l’anno, può cumulare un altro incarico per un valore massimo di 1,5 volte il suo stipendio ministeriale, per un totale di circa 495 mila euro l’anno lordi.

In Italia, poi, esiste la complicazione supplementare della mancanza di equità nella razionalizzazione dei costi: i manager delle società partecipate degli enti locali sono esclusi dal tetto-Monti. I quali, fra l’altro, cumulano più stipendi, di fatto aggirando il limite che la legge impone: in teoria il dirigente di una municipalizzata non potrebbe prendere più del sindaco. Non è così: l’ex amministratore dell’Ama di Roma, Franco Panzironi, di cumulo in cumulo era arrivato a 545 mila euro lordi l’anno, uno stipendio di quattro volte superiore a quello di Gianni Alemanno. Senza contare i “privilegi” connessi con le amministrazioni provinciali, comunali, regionali, in nome della loro autonomia.

E infatti: sempre a Roma la struttura di quattro persone guidata dal generale dei carabinieri Mario Mori denominata Comitato per la sicurezza e voluta direttamente dal sindaco, costa oltre un milione di euro l’anno. L’amministratore delegato della Sea, la società che gestisce gli aeroporti milanesi, Giuseppe Bonomi, intasca 645 mila euro lorsdi l’anno. Il capo dell’ufficio legislativo in Calabria, Nicola Durante, riceve 176 mila euro l’anno più la busta paga da magistrato del Tar, per volontà del governatore Scopelliti. La stessa carica al ministero “vale” 60 mila euro l’anno. Ma al consigliere calabro, essendo intangibile l’autonomia regionale, nessuno toccherà un euro o un cumulo.