Brescello, da Don Camillo a Francesco Grande Aracri: la ‘ndrangheta da Cutro all’Emilia

di Gianluca Pace
Pubblicato il 29 Novembre 2013 - 12:17 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Un tempo era il paese di Peppone e Don Carmillo, di Guareschi, ora Brescello è il paese della ‘ndrangheta, delle ‘ndrine. Tutto iniziò 21 anni fa quando un commando uccise Giuseppe Ruggiero, catanzarese e pregiudicato. Poi, nel 2003, Brescello si risvegliò con la ‘ndrangheta sotto casa, l’operazione “Edilpiovra” portò alla luce una vasta rete criminale. Tra gli arrestati Antonio e Francesco Grande Aracri, fratelli di Nicolino, soprannominato Manuzza e ritenuto il capo della cosca di Cutro.

Francesco Grande Aracri

Francesco Grande Aracri

La mappa dei clan in Emilia Romagna

Il rapporto tra l’Emilia e Cutro è pieno di incroci e contatti. Un pentito dichiarò: “Reggio è il bancomat delle ‘ndrine crotonesi”. Tre milioni di euro, l’otto novembre scorso  i carabinieri hanno sequestrato beni per un valore di tre milioni di euro proprio a Francesco Grande Aracri, soprannominato “Mano di gomma”. Un tesoretto: 16 conti correnti, depositi bancari, due società del settore edile, sei appartamenti, nove immobili commerciali, due veicoli e un terreno.Francesco Grande Aracri arriva in provincia di Reggio Emilia da Dragone nel 1982 in soggiorno obbligato, ufficialmente bidello. Negli anni ’90 vengono uccisi Antonio Simbari (imprenditore edile cutrese, residente nel Mantovano) sia Raffaele Dragone (il figlio del boss). Dall’aprile 2000 scompare Antonio Macrì. La Gazzetta di Reggio, i giornali locali negli ultimi anni riportano il bollettino quotidiano delle faide, dei sequestri di beni, degli arresti e degli omicidi della ‘ndrangheta in Emilia.

“Grande Aracri, che opera in alleanza con i Nicoscia di Isola Capo Rizzuto, ha ottenuto – ricostruisce Luigi Bonaventura, il collaboratore di giustizia che da tempo si sente in pericolo di vita – il potere criminale da Antonio Pelle, detto Gambazza, boss di San Luca, nella Locride. I Grande Aracri sono all’interno della stessa corrente dei Pelle e dei De Stefano, un’alleanza che da Reggio Calabria, investe le famiglie della zona Jonica della Calabria, passa dal Molise, l’Emilia Romagna e arriva nella Lombardia del boss Coco Trovato e poi all’estero”.

Da Brescello, dall’Emilia partivano i camion verso Napoli, verso Casal di Principe, Aversa, verso la terra dei fuochi: “È mancata la vigilanza, ci sono responsabilità oggettive anche della committenza – dice oggi Enrico Bini, presidente della Camera di commercio di Reggio Emilia – Da queste zone partivano i camion di rifiuti diretti alla valle del fuoco e nessuno si è mai preoccupato di capire perché quegli smaltimenti costassero così poco e dove andassero a finire”.