Massimo Bossetti, l’ostacolo più grande: l’omertà sulle corna

di redazione Blitz
Pubblicato il 18 Giugno 2014 - 11:23 OLTRE 6 MESI FA
Massimo Bossetti

Massimo Bossetti

BERGAMO – Quattro anni di indagine e alla fine, l’ostacolo più grande è stata l’omertà assoluta su una storia di corna vecchia di 40 anni. Un muro di protezione, possiamo dire omertà, totale e imperscrutabile che ha coperto quel nesso fondamentale tra il Dna di Giuseppe Guerinoni, l’autista di Gorno di cui si parla da anni ormai, e il suo figlio illegittimo arrestato due giorni fa, Massimo Bossetti.

A dirlo, a Repubblica, è un poliziotto che ha seguito le indagini per 4 anni. La svolta è arrivata quando hanno messo le mani sulla patente del defunto autista, Guerinoni, dalla quale hanno estratto il Dna:

“Quando dai cassetti di casa Guerinoni è saltata fuori quella marca da bollo leccata anni prima dall’autista di Gorno quasi non ci credevamo. A quel punto pensavamo di chiudere il caso in pochi giorni. Non è andata così: su quella vecchia storia di amanti nessuno ha parlato”.

Dopo quel salto di qualità gli investigatori impiegano poco a capire che Guerinoni non aveva solo quei figli legittimi (il cui Dna non era totalmente compatibile con quello dell’assassino, Ignoto 1, che aveva lasciato del sangue sui pantaloni di Yara). Ma la ricerca di quella vecchia storia di corna è stata lunga ed estenuante. Perché nessuno parlava:

“La vera anomalia di questa indagine, dal primo all’ultimo giorno, è stata la mancanza di testimonianze, di racconti, di spunti attendibili. A parte il Bigoni, ex collega di Guerinoni, in quattro anni non ci è mai arrivata una dritta interessante. Nemmeno anonima. Eppure l’assassino era lì, in casa, sul territorio. Poi c’è un altro aspetto, ancor più curioso. Non ricordo un’altra indagine di polizia dove ho trovato un muro di gomma così alto e spesso su storie di corna. Zero assoluto. Sembra incredibile, ma è così. Sono tradimenti di mezzo secolo fa, eppure nessuno ha parlato. Ricostruire dopo 15 anni la vita di un uomo non è stata una passeggiata. Abbiamo fatto inviti continui alla popolazione, sia noi che i carabinieri: “Chiamate i numeri verdi”. Muti. Pensare che tutte le indicazioni che venivano fuori da personaggi intervistati, anche dalla stampa più locale, quella dei paesini, le abbiamo verificate tutte”.