“Le mosse del mercante di Padania”. Giovanni Cerruti su La Stampa

Pubblicato il 18 Febbraio 2011 - 12:17 OLTRE 6 MESI FA

Il vero ago della bilancia nei prossimi mesi non sarà l’indebolito terzo polo ma la Lega Nord. Bisognerà tenere d’occhio questo partito stretto fra l’eterna promessa del federalismo (da realizzare concedendo “costosi” nulla osta a Berlusconi sulla giustizia e con una maggioranza risicata) e una real politik fatta di compromessi con l’alleato di Arcore, strizzatine d’occhio a Bersani e una grande abilità nel contrattare al gran bazar delle poltrone. Blitz quotidiano vi propone gli equilibrismi di Bossi raccontati da Giovanni Cerruti come articolo del giorno.

Chissà quanto sarà davvero contento Bossi, e con lui quella parte di leghisti che continua a voler credere nell’immortalità di Berlusconi premier. A Montecitorio il ritorno di Paolo Guzzanti e Roberto Rosso porta la maggioranza a quota 318: sopra la linea di galleggiamento, però lontano dai 325 promessi dal Cavaliere e ancor di più dai 330 invocati dal ministro Calderoli.

Quanto basta per mandare in tv gli addetti in cravatta verde, a ripetere il primo mantra autorizzato dal Capo: «I numeri al momento ci sono, può andare avanti l’azione di governo». Appunto, «al momento»: perché Bossi si può fidare di Berlusconi, non dei suoi numeri. La Lega di governo, quella che sta a Roma dal martedì al venerdì, si è giocata un’altra settimana. Eppure, come aveva titolato «La Padania» di martedì, questa sarebbe stata quella «decisiva», con il federalismo municipale votato dalla Camera. Rinvio a fine mese, invece. Con gli addetti in cravatta verde costretti al secondo mantra autorizzato: «Abbiamo aspettato vent’anni, possiamo aspettare qualche giorno in più». A fine maggio scade il tempo limite, o passano tutti i decreti o il federalismo dovrà tornare, e chissà quando, alla casella di partenza. E questo, Bossi, non se lo può permettere.

Nella Lega, sia di governo che di lotta, quella che sta su al Nord, «siamo in riva al fiume ad aspettare», come dice l’europarlamentare Matteo Salvini. E come sempre, nella Lega, l’unico a decidere il futuro è Bossi, e solo Bossi. Non c’è Colonnello o soldatino semplice che s’azzardi ad una previsione. E in questi casi, quando la confusione sale, si possono notare le differenze tra i militanti e l’area elettorale: i primi, spesso con uno stipendio che arriva dalla politica, allineati e coperti; gli elettori, i simpatizzanti, disorientati o delusi scrivono su Facebook: «Quand’è che scarichiamo il nonnetto di Arcore?».

Ma Bossi non può star seduto in riva al fiume. Si sta muovendo, come dimostra l’intervista di Pierluigi Bersani a «La Padania». Mai un segretario del Pd era stato intervistato dal quotidiano leghista, nemmeno ai tempi di Massimo D’Alema ospite applaudito del congresso di partito, febbraio 1995. Un’intervista concordata tra i due, Bossi e Bersani. L’appuntamento era per il primo pomeriggio di lunedì, nella sede leghista di via Bellerio, pare nell’ufficio di Bossi. Però dev’esser successo qualcosa, forse uno spiffero arrivato fino ad Arcore, e alle due del pomeriggio è arrivato il contrordine. Bersani in via Bellerio meglio di no. [continua…]