Farmindustria regalo bipartisan: farmaco griffato trionfa in ricetta

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 16 Novembre 2012 - 15:28 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Un regalo bipartisan a Farmindustria. A questo somiglia l’emendamento presentato da Udc, Lega, Pdl e Pd che trasforma l’obbligo di prescrivere il generico in “facoltà”. Un obbligo che era stato introdotto con la spending review e che avrebbe portato risparmi al sistema sanitario nazionale ma, soprattutto, ai cittadini.

La norma che obbligava i medici a prescrivere nelle ricette non più il farmaco ma il principio attivo, aprendo così le porte ad un consumo sempre più ampio dei farmaci generici, meno costosi per lo Stato e meno costosi per i cittadini ma altrettanto efficaci rispetto a quelli “di marca”, era stata introdotta con la spending review della scorsa estate.

Un obbligo che avrebbe dovuto significare, in soldoni, 900 milioni di euro di risparmi l’anno. Milioni che, per la maggior parte, sarebbero finiti, anzi rimasti, nelle tasche degli italiani che avrebbero così avuto la possibilità di acquistare farmaci ad un costo inferiore. Un obbligo che non aveva, comprensibilmente, fatto la gioia dell’industria farmaceutica, che prodotti di marca produce, e meno comprensibilmente nemmeno dei medici che avevano protestato. Un obbligo, a dire il vero, che meno di quanto ci si potesse aspettare era stato apprezzato anche dai consumatori che, a parole, si erano detti entusiasti ma che, nei fatti, hanno comprato meno generici di quanto si stimava. Un obbligo poi molto caro al ministro Renato Balduzzi, che per lui già in estate si era battuto. E un obbligo che, con un blitz notturno in commissione parlamentare, è stato abbattuto.

L’emendamento ha mandato su tutte le furie il ministro. La norma sui generici “è equilibrata e non ci sono ragioni per non continuare sulla strada della valorizzazione del farmaco equivalente che fa risparmiare i cittadini e l’Ssn”, ha detto Balduzzi. Ma l’emendamento, in commissione, oltre che di appoggio bipartisan ha goduto anche dell’avallo del sottosegretario allo sviluppo economico, Claudio De Vincenti. “Quella del sottosegretario non è la posizione del governo. E comunque non è la mia” si è affrettato a dire Balduzzi. Ma la sua, quale che sia la posizione ufficiale del Governo, sembra una battaglia destinata a vederlo sconfitto. Una battaglia contro un avversario troppo forte che gode dell’appoggio della maggioranza delle forze politiche. Come ha sottolineato il presidente Cesare Cursi “in commissione sembra esserci molta determinazione a difendere l’industria farmaceutica che investe e crea lavoro”. E poi “il ministro è il ministro ma c’è il Parlamento”, e contro il Parlamento il ministro esce sconfitto.

Come sconfitto è stato Balduzzi anche su un’altra norma da lui sostenuta e da poco cancellata. Quella norma che che consentiva di prescrivere i medicinali “off label”, ossia autorizzati per alcune indicazioni terapeutiche ma efficaci anche per altre, quando il loro prezzo risultava più conveniente. Una norma osteggiata anch’essa dall’industria farmaceutica e che sembra destinata a fare da apripista a quella che avrebbe voluto lanciare il mercato dei generici in Italia.

Una mano al ministro provano, nel frattempo, a darla i produttori dei farmaci generici, forse gli unici su cui Balduzzi può davvero contare. Produttori che, accogliendo una sollecitazione dello stesso ministro, hanno garantito la riduzione dei prezzi delle pillole non ‘griffate’. “I prezzi dei medicinali generici scenderanno in media del 5% nel corso del 2013, generando risparmi per pari a 250 milioni l’anno per l’Ssn”, ha annunciato una nota di Assogenerici. Riuscirà questo a convincere il Parlamento a fare un nuovo dietrofront sulla norma in questione, o le ragioni degli industriali del farmaco saranno più convincenti? La risposta l’avremo, a breve, in farmacia.